Accanimento fino alla morte

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 ROMA.Al terzo giorno di disamina e di voto, la Camera entra nel vivo della legge sul testamento biologico. Metà  dell’articolo 3, il cuore del provvedimento, ieri ha superato ogni tentativo di resistenza da parte dell’opposizione. Un testo che da ieri – è definitivo – norma praticamente solo la possibilità  di rifiutare l’accanimento terapeutico. Su alimentazione e idratazione c’è poco ormai da aggiungere. Del resto, se ne parlerà  martedì prossimo, quando sarà  votato l’intero articolo di legge. La prossima settimana, in un paio di giorni, almeno così spera il governo, la Camera darà  il via libera al provvedimento che norma le «Dichiarazioni anticipate di trattamento» (Dat). Poi la parola passerà  di nuovo al Senato.

Ieri però la maggioranza di governo ha fatto un buon lavoro. Nel senso che, passo dopo passo, ha peggiorato tutto ciò che poteva peggiorare. Per capire quale aberrazione di legge verrà  fuori, facciamo un riassunto. Immaginiamo che un nostro amico che ha lasciato le proprie Dat si ritrovi sfortunatamente in uno stato di incoscienza. Nessuno riuscirà  ad evitare che gli applichino tubi per l’idratazione e l’alimentazione forzata. E, da ieri, anche per la respirazione artificiale, se ce n’è bisogno. Perché con l’emendamento Barani-Binetti, ora le Dat servono per esprimere «orientamenti» e non «volontà », riguardo l’attivazione di trattamenti «terapeutici» e non «sanitari»: questi ultimi, come la respirazione artificiale, non si possono rifiutare. Mai. Poi, se al vostro amico dopo ripetute e approfondite analisi viene diagnosticato che non è ancora cessata l’attività  «cerebrale integrativa cortico-sottocorticale», cioè non è ancora in uno stato vegetativo permanente, praticamente prossimo alla morte se non fosse attaccato alle macchine, allora la busta contenente il suo testamento biologico non verrà  nemmeno aperta. Se invece è sopraggiunta la morte «corticale», allora il medico apre la busta, controlla se il vostro amico ha scritto esplicitamente che non vuole essere sottoposto a «trattamenti sanitari di carattere sproporzionato o sperimentale» («accanimento terapeutico», in altre parole: emendamento Polledri, approvato ieri) e solo allora il medico decide. Da solo. E però, il medico non potrà  mai interrompere alcun trattamento sanitario precedentemente applicato.
Ecco dunque il motivo per il quale ieri il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, in un ultimo accorato sforzo per evocare la ragione in quel di Montecitorio, è intervenuto in Aula e ha lanciato «un appello alla nostra comune umanità  ed alla pietà  verso la persona umana che abbiamo imparato dai nostri padri e dalle nostre madri, e lo faccio rivolgendomi a tutti con il cuore in mano». Perché con con una legge così emendata «si andrà  oltre ogni limite» e le persone si potranno liberare «dalle macchine e dai tubi solo quando saranno morte e avviate all’espianto».
Appello inutile. Tutti apprezzano, Casini e Binetti quasi si commuovono. Ma poi il dito va dove il partito vuole. E le maggioranze sono schiaccianti. Mentre il Pd si divide e registra numerose assenze, almeno quanto la Lega, Udc e Pdl danno battaglia al completo. Per il centrodestra, una questione di principio. Contro i magistrati. Che sul caso Englaro osarono scombinare ancora una volta i piani berlusconiani. E se Bersani ancora non ci credeva, è lo stesso capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto a dirglielo: «Noi – gli ha risposto ieri in Aula – stiamo facendo un percorso che non abbiamo scelto ma a cui siamo stati obbligati da una iniziativa giudiziaria giacobina».


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