Bancari, prosegue l’esodo dallo sportello

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MILANO – Non era più un lavoro sicuro, di quelli che ti garantiscono un percorso dall’apprendistato alla pensione, già  da tempo. Almeno da un decennio, da quando è iniziata la grande ristrutturazione nel mondo del credito. E ora, con gli ultimi accordi, il bancario perde anche la sicurezza del lavoro allo sportello, destinato a una maggiore “flessibilità ” per non perdere il stipendio.
È quello che, di fatto prevede l’accordo siglato l’altra notte tra i vertici di Intesa Sanpaolo e i sindacati che consente alla prima banca italiana di dare il via al nuovo piano industriale al 2013. perché delle 8mila eccedenze individuare dal gruppo guidato da Corrado Passera, le “uscite” saranno 3mila, mentre altre 5mila dipendenti verranno riconvertiti. O per dirla con l’azienda, saranno riqualificati in base alle nuove esigenze e alla trasformazioni tecnologiche. Il che tradotto vuol dire che tutto quel personale dietro uno sportello non ci può più stare, visto che soltanto da un anno a questa parte le operazioni svolte dai clienti direttamente in filiale sono diminuite del 35 per cento e la tendenza è vista in accelerazione per le prossime stagioni.
Ma cosa andranno a fare i 5mila riqualificati? Sostanzialmente diventeranno dei commerciali e andranno direttamente dal cliente invece di aspettarlo in filiale, visto che con la diffusione dei servizi via Internet (e un domani ormai prossimo via smartphone) si faranno vedere sempre di meno.
In verità , l’accordo per i dipendenti di Intesa, come accade quando ci sono grandi numeri, è più complesso. Per 2.500 lavoratori che nel corso del piano raggiungeranno i requisiti per la pensione potranno licenziarsi godendo di un incentivo. Inoltre, ci sarà  la possibilità  di ulteriore 2.500 uscite “volontarie” che potranno godere dei benefici del fondo di solidarietà . A fronte di questi ulteriori esuberi scatteranno le assunzioni per mille persone.
L’accordo è solo l’ultimo di una lunga serie che sta incidente sul numero di dipendenti dei gruppi bancari. Fino alla fin degli anni Novanta, hanno oscillato attorno al 365mila. Poi, nel corso del decennio scorso, il numero di lavoratori è sceso fino ad arrivare tra i 346mila e 340mila, in seguito alla grandi fusioni tra i maggiori gruppi del paese. Ma nelle ultime stagioni l’asticella si sé ulteriormente abbassata. E con le ultime trattative sindacali che si sono concluse, il 2011 è destinato a chiudersi sotto la soglia dei 330mila.
Fuoriuscite che hanno interessato tutti i principali istituti. Secondo dati riportati da Il Sole-24 Ore, in Intesa Sanpaolo (prima dell’ultimo accordo) esodi e pensionamenti dal 2002 al 2010 sono stati 18mila contro 9mila assunzioni. Unicredit – dal 2007 al 2010 – ha visto calare la forza lavoro in base a 11.500 uscite (do cui 1.500 passate ad altre aziende per la cessione di 500 sportelli) e 1.200 assunzioni. Il gruppo Ubi ha avuto, dal 2007, 2.225 uscite, con 1.145 precari stabilizzati e 740 assunzioni temporanee.
Per fortuna per i lavoratori del settore, all’inizio di luglio è stato rinnovato l’accordo tra sindacati e Abi (l’associazione delle banche italiane) sul Fondo esuberi, l’ammortizzatore sociale di settore interamente finanziato dalle banche, che ha permesso dal 2000 al 2010 il prepensionamento o pensionamento “volontario” di 40mila lavoratori bancari italiani.


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