Corteo in giacca e cravatta per il Terzo valico

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Berneschi l’aveva detto: «Questa iniziativa vede concordi me e la banca che rappresento» . Ma pochi credevano che sarebbe sceso in piazza. C’era, come c’erano «tutti» : Giovanni Mondini per la Erg e il finanziere Davide Malacalza, la cui famiglia ha già  fatto il salto oltre i Giovi investendo nella galassia Pirelli, il presidente degli spedizionieri Piero Lazzeri e l’armatore Stefano Messina, il terminalista Luigi Negri e i rappresentanti delle Cooperative. Tutti in abito grigio e incravattati, con prevalenza di camicie Oxford azzurre, l’english style che piace alla Genova industriale. Non si sono potuti fermare nello storico caffè Mangini, il preferito da Pertini, perché chiuso e il titolare Giacomo Rossignotti era in marcia con i suoi clienti. E c’era Franco Ardoino del vicino ristorante Europa, dove per anni si sono sfidati a scopone il petroliere Riccardo Garrone e Aldo Spinelli, e dove si stringono alleanze economiche e politiche.
Cinquecento imprenditori, commercianti, artigiani — cui si sono accodati pubblici amministratori e parlamentari — hanno raggiunto la prefettura dove il presidente di Assindustria Giovanni Calvini ha consegnato al prefetto Musolino una petizione per chiedere «che il governo trovi i finanziamenti per la seconda tranche del Terzo valico e consenta l’apertura dei cantieri» .
Gli imprenditori genovesi vogliono questa linea ferroviaria che per la via più breve congiungerebbe il porto di Genova a Milano, bucando gli Appennini con 57 chilometri per due terzi in galleria. Costo dell’opera 6,2 miliardi di euro. Stanziati 750 milioni: troppo pochi dice il consorzio d’impresa, il Cociv, che ha aperto un contenzioso con Rfi. «O realizziamo questo collegamento oppure Genova diventa un’isola — dice Marco Bisagno, imprenditore delle costruzioni navali —. Magari un’isola felice, dove verranno i vecchietti a svernare, ma la città  sarà  morta» . È quello che dicono tutti. Fuorché i No Tav, naturalmente, che hanno aspettato gli imprenditori con uno striscione: «Vi credete assolti, ma siete tutti coinvolti» , citando De André. «Volete la Tav? Pagatevela con i vostri soldi» , dicono i contestatori. Tutto pacifico. «Finché non volano pietre — dice l’armatore Stefano Messina — va bene anche essere contestati. Ho visto un cartello con scritto “parassiti”, ma non me la prendo, c’è libertà  di opinione. Quello che è successo in Val Susa è stato un assalto, inaccettabile. Genova è una città  civile, qui non succederà » .
«Capisco le preoccupazioni degli amministratori della Val di Susa— dice il sindaco Marta Vincenzi— ed è giusto che certe scelte siano discusse pubblicamente, ma non possiamo isolarci dall’Europa. Purtroppo quello che pesa è la sfiducia, motivata, nella capacità  di questo Paese di fare le cose bene, in tempo e senza ruberie» . Gli fa eco il presidente della Regione Claudio Burlando: «Non si può essere contro le autostrade e contro le ferrovie, così non c’è sviluppo» . Controcorrente il presidente della Provincia Alessandro Repetto, «non vado agli eventi mondani» , ha detto, e se n’è andato al convegno a poche centinaia di metri dove il sottosegretario ai trasporti Bartolomeo Giachino presentava il piano del governo sulla logistica. Avrebbe dovuto presentarlo a quelli che, invece, erano in piazza, e Giachino si è arrabbiato: «Non capisco questa manifestazione, non ce n’era alcun bisogno. Il Terzo valico si farà » . «Ci crediamo quando vediamo i cantieri» , rispondono gli imprenditori dalla piazza.


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