Due vani e mezzo, la Sesto che resta all’ex sindaco

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MILANO — Del vecchio triangolo ormai sciolto con gli ex amici diventati nemici, l’unica traccia terrena è una linea poco retta e tanto storta che da via Fratelli Cairoli finisce in viale Rimembranze e da lì al confine con Milano. Case, capannoni, palazzi. Penati, Di Caterina, Pasini. Il politico. L’imprenditore. Il costruttore. Incontri, affari.
Sesto San Giovanni. Le case di proprietà  di Filippo Penati, secondo le visure di appena «2 vani e mezzo, più 52 metri quadrati per una rendita catastale di 2.118,82 euro ai civici 29,31 e 33» .
 Il disordinato capannone di Piero Di Caterina, tipo indifferente perfino al riposo dei morti, avendo invaso da anni in barba ai divieti un’area a ridosso del cimitero per parcheggiarci a piacimento bus e furgoni che sfiatano olio, lui ras del trasporto pubblico. Infine, nell’angosciante quartiere Adriano con gli antennoni di un elettrodotto e zero negozi, c’è un annuncio («La tua villetta nel verde» ) a ridosso di palazzi lasciati a metà . Ed è la grande incompiuta di un Pasini in crisi nera, forse non un simbolo ma certamente il marchio di questa ennesima stagione perduta.
 Nell’eterna ex città  operaia tutta fabbriche dismesse così desiderata per le risorse immobiliari e le riconversioni da non riuscire mai a (s) muoversi d’un mattone. Del resto non riescono nemmeno a finire le strade. C’è una via ancora senza nome. Da viale Edison s’infila per duecento metri lì dove sorgeva la Marelli. Marciapiede, alberelli, cartelli stradali, pure un dosso e l’asfalto che invece termina di botto. Non hanno proseguito. Il progetto di riqualificazione era stato bloccato. Ma poi: son davvero pronti per il cambiamento? Quando Luigi Zunino era il nome nuovo, l’uomo che avrebbe voluto edificare sulle macerie della Falck una cittadella da libri di storia, pensò bene di convocare gli imprenditori locali. Disse: «Mandatemi i curriculum» . Casomai ci fosse da scegliere collaboratori. Stupore e rabbia. I curriculum? A casa nostra? Ma l’è matt? Qui si giudica sul posto e sul tempo. Chi uno è, cosa fa, da quanto. Dunque legami, frequentazioni. Favori, bande. Miscugli, intrecci di poteri e professioni.
In effetti non vedendolo in giro da un pezzo, il legame con Penati s’è allentato. Abita a Milano, in via Abamonti. Appartamento non suo. In zona, bella zona residenziale, è visto di passaggio nella trattoria all’angolo con arredo in stile déco per un caffè. E Claudia Cugola? «Non la vediamo» .
La signora, sestese di nascita, è la storica segretaria e amica di sempre. Alta e tosta, è fisicamente diversa dalla consorte di Penati, Rita Di Leo, mamma dei due figli Simone e Ilaria, e padrona a Sesto San Giovanni di cinque fabbricati. Compreso un primo piano a ridosso del municipio e tre vani nel centrale viale Fratelli Casiraghi. Non lontano dall’architetto Giancarlo Marzorati, che ha disegnato progetti relativi alla riqualificazione dell’area Marelli ed è uno «dei due architetti di Sesto» . Nel senso che la città  è piccola e son sempre gli stessi a prendersi il grosso.
Lo studio Marzorati divide il pianerottolo con il dottor Marzorati, medico e parente. L’architetto non c’è. Non si fa trovare. Paura di parlare? Di Caterina riserverà  il medesimo trattamento pur scegliendo di confidarsi con altri giornali. In giro buttano indizi. Messaggi. Veleni. «Stia addosso a Pasini, beve…» . «In Brianza Di Caterina ha creato un agriturismo per prendere sovvenzioni dall’Unione europea e sconti sul carburante che usa per i suoi pullman…» . «Penati ha tesori sparsi…» .
Pasini, 81 anni, ha il vizio-vezzo di caricare l’inflessione veneta al momento degli affari importanti. Di Caterina, 59 anni, è nato dal niente e sta ovunque, ottiene licenze, apre bar che rivende, ha qualifiche in 15 aziende.
Negli anni Ottanta Penati, classe ’ 52, fu presidente del cda d’una cooperativa che gestiva mense e socio di una società  di assicurazioni. I vani e i 52 metri quadrati di via Fratelli Cairoli ed eredità  di famiglia si trovano in bassi edifici, all’angolo c’è la pizzeria «Charlie Brown» di nordafricani che non vogliono sentir ragione. Per una Coca-Cola comprata di corsa t’inseguono con lo scontrino. «No, amen» . «Lo prenda, non possiamo. A Sesto non si scherza» .


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