Grecia, porta d’Europa e trappola per migranti

by Sergio Segio | 12 Luglio 2011 6:34

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 IGOUMENITSA .Igoumenitsa è un piccolo porto greco che affaccia sul mare Adriatico, punto di frontiera naturale con l’Italia, che dista non più di 150 chilometri. Come anche da quello di Patrasso, dal porto della cittadina è possibile attraversare il mare a bordo di traghetti che partono giornalmente alla volta dell’Italia. Numerosi migranti da quasi dieci anni tentano di salire a bordo di questi traghetti per raggiungere il resto d’Europa. Nell’attesa di eludere i controlli e imbarcarsi, sopravvivono a stento confinati su di una collina ai margini dell’insediamento urbano.

Igoumenitsa è anche un florido centro turistico, il suo lungomare è costellato di locali alla moda dove villeggianti provenienti da mezza Europa sorseggiano cocktail per rinfrescarsi dopo una lunga giornata di mare. Quando la redazione dell’agenzia radiofonica italiana AMISnet è andata in Grecia, nell’aprile 2011, i primi pensionati nord europei avevano già  raggiunto la cittadina balneare, all’ombra di una tragedia sconosciuta ai più, che gli abitanti del posto tentano con tutti i mezzi di occultare.
Poco più di un mese fa, il 9 giugno 2011 alle sei del mattino centinaia di poliziotti provenienti da vari punti della Grecia hanno fatto irruzione nell’accampamento di fortuna costruito dai migranti sulla collina di Igoumenitsa. Si è scatenata una vera e propria caccia all’uomo che ha portato all’arresto di circa 60 persone, molte delle quali in possesso della cosiddetta «carta rossa», documento che viene rilasciato ai richiedenti asilo. Nel mese precedente erano già  state arrestate tra 600 e 1000 persone, che sono state rinchiuse in carceri lontane centinaia di chilometri. Si tratta solo di uno degli atti più eclatanti dell’escalation di violenza e ostilità  che sono state rivolte da organizzazioni di estrema destra, forze di polizia, o comitati di cittadini contro i migranti di Igoumenitsa come del resto del paese.
Nella pancia di un tir
La rotta che dai porti di confine di Igoumenitsa e Patrasso conduce in Italia è stata per anni la più battuta. Il metodo più comune per imbarcarsi era nascondersi dentro o sotto uno dei tanti Tir che viaggiano tra i due paesi. Impossibile sapere quante persone abbiano perso la vita nel tentativo di passare il confine con questo sistema, così come è impossibile accedere ai dati di quanti siano stati scoperti nei porti italiani e rispediti in Grecia senza poter accedere ad alcun istituto di garanzia o protezione (4000 nel 2009 secondo fonti greche). Da quando Italia e Spagna hanno blindato le proprie frontiere meridionali prendendo accordi con le dittature nordafricane, oltre ai profughi provenienti da oriente, migliaia di africani di ogni paese del continente si sono diretti in Grecia per accedere in Europa. Quando siamo stati a Igoumenitsa, gli abitanti della collina erano in prevalenza africani, molti dei quali sudanesi, ma anche somali, eritrei e nordafricani, emigrati dopo i recenti sconvolgimenti nei loro paesi d’origine. Parallelamente si è dato un massiccio intensificarsi dei controlli portuali, tanto in Grecia quanto in Italia, dove la polizia di frontiera si avvale tra l’altro di sistemi elettronici molto sofisticati. La concomitanza di questi fattori ha fatto sì che Igoumenitsa, come anche Patrasso, si trovasse ad ospitare un numero crescente di persone che non riuscivano a passare la frontiera, restando sostanzialmente intrappolate in un paese nel quale non avevano alcuna intenzione di restare. «Vogliamo andare via da qui» ci ha raccontato ad aprile Ideris, un ragazzo sudanese. «Non possiamo fare nulla, dormiamo sulla collina, non abbiamo niente da mangiare, la popolazione è ostile e la polizia ci maltratta» gli hanno fatto eco i suoi compagni della collina. «Fino a novembre qualcuno riusciva a passare ogni giorno. Da allora è praticamente impossibile e chi riesce a passare generalmente viene rispedito indietro», ci ha raccontato Polyxeni Andreadou, medico del locale poliambulatorio, aggiungendo che «naturalmente le condizioni fisiche e psicologiche dei migranti stanno rapidamente degenerando. Inoltre gli abitanti di Igoumenitsa vedono di cattivo occhio la loro presenza qui e queste persone, non avendo modo di lavorare, hanno seri problemi a procurarsi cibo e medicine».
Stop alla convenzione di Dublino
La Grecia sta facendo il possibile per impedire a decine di migliaia di migranti di lasciare il proprio territorio, blindando le frontiere e spostandoli da una parte all’altra del paese, sperando di vederli un giorno scomparire. Per quale motivo un paese in preda a una violenta crisi economica si ostina a trattenere tutte queste persone che non vogliono altro che andar via? Forse una prima, parziale, risposta sta proprio nella condizione di estrema vulnerabilità  in cui versa la Grecia. Condizione che rende il paese facilmente ricattabile dai suoi stessi partner europei, che in cambio di garanzie rispetto alla tenuta economica del paese ellenico nell’area euro e della concessione di ingenti prestiti, potrebbero imporre, oltre alle note misure di austerità , la chiusura delle frontiere al passaggio dei migranti. Sta di fatto che oggi la Grecia è un paese tampone che funge da argine alle migrazioni e assorbe gran parte dei flussi indesiderati negli altri paesi europei. In pratica lo stesso ruolo che fino a pochi mesi fa l’Europa assegnava a Libia e Tunisia. Allo stesso modo suona sospetto come la Grecia accetti senza battere ciglio di ammettere sul proprio territorio persone trovate sulle coste italiane delle quali non si ha alcuna prova che siano transitate in Grecia.
Non irrilevante l’ambiguità  delle istituzioni europee, che se da un lato determinano la situazione fin qui descritta, dall’altro, per mezzo della Corte Europea dei diritti umani, il 21 gennaio 2011 hanno condannato Atene per trattamenti degradanti. Tra le motivazioni si legge che «le condizioni di detenzione e le condizioni di vita dei richiedenti asilo in Grecia non sono compatibili con i principi della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo». Anche il Belgio ha subito una condanna per aver rispedito in Grecia un richiedente asilo, pur essendo consapevole della situazione nel paese. Da allora non è più possibile rimandare in Grecia richiedenti asilo entrati in Europa attraverso la penisola ellenica che hanno poi raggiunto altri paesi, inficiando di fatto la convenzione di Dublino 2, che impone ai rifugiati di fare richiesta d’asilo nel primo paese europeo nel quale hanno messo piede e di restarci. Dopo questa sentenza l’Unione europea ha inviato in Grecia una commissione incaricata di affiancare le autorità  locali nell’adeguamento agli standard europei in materia di accoglienza dei rifugiati e per colmare le lacune legislative in fatto di accesso all’asilo. L’obiettivo dell’Europa sembra essere dunque quello di far sì che i migranti possano restare legalmente in Grecia piuttosto che provare a raggiungere altri paesi dell’Unione.
La revisione degli accordi di Schengen è tornata in auge con l’arrivo di poche migliaia di tunisini in Italia e il tentativo della Francia di non lasciarli accedere al proprio territorio. Prove tecniche da parte della Francia di fare dell’Italia un’appendice della Grecia nel ruolo di stato-cuscinetto che assorbe i flussi di migranti. D’altra parte la Commissione Europea ha recentemente sottolineato la responsabilità  che investe gli stati che possiedono frontiere esterne. L’Italia, probabilmente grazie a un potere contrattuale maggiore a quello che Atene è stata in grado di dispiegare, si è sottratta al ricatto, ma l’iniziativa di Parigi suona come un monito per il futuro e le recenti pressioni sull’Italia parlano di un quadro in continuo mutamento.
Intanto il Consiglio d’Europa, che si è riunito il 24 giugno scorso con il compito di discutere proprio della sospensione dell’accordo di Schengen e del rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne, ha incaricato la commissione europea di stilare per settembre una bozza di revisione degli accordi. Nelle indicazioni del Consiglio la nuova proposta dovrebbe contemplare la reintroduzione temporanea ed eccezionale dei controlli di frontiera solo in «circostanze eccezionali che mettano l’intero funzionamento della cooperazione di Schengen a rischio», garantendo parallelamente «assistenza a uno stato membro che si trovi ad affrontare una forte pressione alle sue frontiere esterne». Sta di fatto che sulla frontiera italo-greca il trattato non viene applicato ormai da anni e le modalità  di controllo ai porti dei due paesi ricalcano in tutto e per tutto quelle di qualsiasi frontiera esterna.
Parlando con cittadini greci del desiderio dei migranti di attraversare la frontiera , colpisce come molti parlino della volontà  dei migranti di «andare in Europa», come se la Grecia non lo fosse, o non lo fosse più. Magari si tratta semplicemente di un’imprecisione linguistica, ma a conti fatti, forse non hanno tutti i torti.
*AMISnet

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FORTEZZA EUROPA
Sgomberati, malmenati, arrestati, essere profughi nella penisola ellenica

 Dieci anni fa i primi profughi provenienti dall’Iraq e dall’Afghanistan iniziarono ad arrivare in Grecia, attraverso la Turchia. Queste persone, in fuga dalle guerre post 11 settembre che travolgevano i loro paesi d’origine, avevano come unica opportunità  quella di cercare rifugio in Europa. Oggi i numeri di questo esodo sono diventati importanti – 128.000 persone sono entrate in Grecia solo nel 2010 – e sono migliaia i migranti e i richiedenti asilo bloccati nel paese. Fino a poco tempo fa potevano ancora lasciare il territorio per raggiungere il resto d’Europa, un percorso difficile e pericoloso che oggi non riescono più a intraprendere a causa dell’intensificarsi dei controlli. Nel frattempo le violenze contro di loro si moltiplicano, ad Atene come nel resto del paese. Tra gli episodi più significativi degli ultimi tempi, la distruzione del campo di Igoumenitsa ad opera della polizia. Secondo il sindaco di Igoumenitsa Georgios Katsinos lo sgombero si è reso necessario a causa delle precarie condizioni igienico-sanitarie in cui vivevano i migranti e che a suo dire mettevano a rischio la popolazione locale. Lo sgombero si iscrive in un quadro di generale inasprimento dei trattamenti riservati ai migranti e richiedenti asilo in Grecia. Il paradosso sta nel fatto che, a fronte della palese incapacità  del paese di accogliere, assistere e tanto meno integrare quanti vi transitano per andare in altri paesi europei, le autorità  greche, sostenute da quelle europee, fanno di tutto per evitare che migranti e richiedenti asilo vadano in altri paesi.

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