Intercettazioni, il Pdl rilancia il bavaglio

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ROMA – Ora, anche ufficialmente, riparte alla Camera il treno delle intercettazioni. Fine luglio, inizio agosto, in aula. Lo decide la conferenza dei capigruppo. Con il Pd contrario. All’opposto va in soffitta la riforma costituzionale della giustizia che il Guardasigilli Angelino Alfano aveva pur garantito come approvata in prima lettura entro luglio. Compresse inutilmente le audizioni. Adesso la priorità  è tutt’altra, impedire che vengano pubblicati i brogliacci delle telefonate, i verbali degli interrogatori, i rapporti della polizia. Oscurare tutte le inchieste. Se fosse possibile, ma non lo sarà , a partire dalla P4.
A questo lavora il Pdl. Che ieri ha chiesto al presidente Gianfranco Fini di inserire il ddl sugli ascolti – quello della guerra dei post-in dell’estate calda 2010 – nell’ordine del giorno dei lavori di luglio. Il capogruppo Fabrizio Cicchitto, che arriva alla riunione con un preciso appunto in tasca, vince ai numeri, l’omologo del Pd Enrico Franceschini abbandona l’incontro. Poi Cicchitto, con la stampa, quasi tenta di negare il blitz: «Potremmo esaminare il ddl nella prima settimana di agosto o a settembre. Dipende dalla logica dei lavori parlamentari».
Mette le mani avanti, Cicchitto. Con il Pdl fresco della débacle in aula sulla legge Comunitaria. Che un perentorio Fini – «Il ddl si è ridotto a una serie di articoli che attuano in maniera disorganica atti comunitari» – cancella addirittura dai lavori dell’aula. Gli uffici della Camera hanno esaminato il caso. Il relatore leghista Gianluca Pini propone una soluzione diversa (si approva, al Senato reinseriscono l’articolo uno, si fa una rapida navetta), ma prevale la linea di fermare il ddl. Uno smacco per la maggioranza. Il Pd plaude a Fini (Sandro Gozi «ineccepibile la sua decisione»). Il governo pensa di ricorrere a un decreto per evitare le multe della Ue per le direttive non attuate.
Vale l’incertezza numerica della maggioranza. Le divisioni del Pdl su quale via scegliere sulle intercettazioni. Questo spinge Cicchitto alla cautela. A minimizzare il fatto che le intercettazioni tornano protagoniste del dibattito parlamentare. Ovviamente, tornano con l’unico testo possibile, quello che è già  in aula, il testo Alfano, votato al Senato tra le proteste, modificato in commissione quando Fini e la presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno erano ancora in maggioranza e facevano pesare le loro richieste. Quel testo, che teneva conto delle perplessità  del Quirinale, sarà  modificato. La tesi prevalente nel Pdl è che, con un emendamento dell’ultim’ora, esso venga “dimagrito” e ridotto alla sola parte che riguarda il diritto di cronaca. Il ritorno alla Mastella su cui insiste Niccolò Ghedini, il consigliere giuridico di Berlusconi.
È presto, a un mese di distanza, sapere cosa farà  il Pdl. Che punta a incassare il consenso del Pd. Tant’è che Enrico Costa, il capogruppo in commissione Giustizia, ragiona: «Se il nostro testo venisse votato a scrutinio segreto sono certo che verrebbe approvato anche da buona parte del centrosinistra». Ma il Pd piglia nettamente le distanze. Per Anna Finocchiaro l’unico testo è il loro, il suo testo scritto con Casson. Lanfranco Tenaglia preferirebbe ripartire dal suo. Per Donatella Ferranti «le priorità  della giustizia sono ben altre». Idem per il presidente dell’Anm Luca Palamara. Il segretario della Fnsi Franco Siddi boccia «un’operazione miope e disperata».
Ma il Pdl va per la sua strada, come ha fatto per la Comunitaria con la responsabilità  civile, e ora con la riforma del processo civile piazzata nella manovra. La esalta Alfano («Si completa il quadro delle riforme per garantire l’efficienza»), la bocciano il Csm (pure coi voti della destra) e gli avvocati (Cnf e Oua). Solo Palamara nota che nella manovra «non ci sono norme ad personam e alcune disposizioni vanno verso l’efficienza del processo».


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