Kandahar, il fratello di Karzai ucciso da una delle sue guardie

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È stato ammazzato nella sua casa di Kandahar, freddato da due proiettili sparati da poca distanza. Ad uccidere Ahmad Wali Karzai, fratello del presidente Hamid Karzai e uno degli uomini più potenti (e più discussi) dell’Afghanistan, è stato un uomo di cui si fidava, un abituale frequentatore della sua casa-fortezza nel centro della seconda città  del paese. Sardar Mohammed, l’omicida, era il comandante di un posto di sicurezza, uno che per mestiere combatteva (o almeno avrebbe dovuto) i ribelli Taliban, un soldato che Ahmad definiva “un caro amico”, sicuramente da anni un suo stretto collaboratore.
Nell’Afghanistan dei signori della guerra e dell’oppio, anche fidarsi di un “caro amico” può essere però un errore mortale. Soprattutto se di cognome ti chiami Karzai, se sei fratellastro (la madre è diversa) del presidente, se vivi a Kandahar – culla del movimento Taliban – e se in dieci anni ti sei fatto molti nemici, dentro e fuori dell’Afghanistan.
Grazie alla sua parentela, ma grazie anche alla sua capacità  di sfruttarla nel difficile e oscuro mondo politico ed economico di un paese che da decenni conosce solo la guerra e la cui economia si basa sull’oppio, Ahmad Wali aveva accumulato una fortuna seconda (forse) solo a quella del fratello e un potere fatto di relazioni e ricatti che coinvolgevano in modo trasversale le varie etnie dell’Afghanistan. Nel suo paese, abbandonato insieme alla famiglia nel 1979 (anno dell’invasione sovietica), era tornato dopo l’11 settembre, quando gli aerei americani avevano spazzato in poche settimane le resistenze dei Taliban e dei terroristi di Al Qaeda che in Afghanistan avevano trovato (Osama Bin Laden in testa) il loro santuario.
Come al fratello, gli anni trascorsi in America (aveva un ristorante a Chicago) erano serviti ad Ahmad – la famiglia Karzai era una delle più potenti della etnia Pashtun – per prepararsi al ritorno in patria. Aveva lasciato gli Stati Uniti a metà  degli anni Novanta, trasferendosi, insieme ad Hamid a Quetta (Pakistan), altra città  oggi cara ai Taliban di qua e di là  del confine.
Da anni il potere economico e politico di Ahmad era sotto la lente dell’intelligence Usa. Per i servizi segreti americani era lui a gestire, attraverso suoi uomini, la prima industria del paese, quel mercato dell’oppio che serve anche ad alimentare il mercato delle armi. Ed anche in quest’ultimo più volte le intelligence occidentali avevano intravisto la mano del “fratellastro” del presidente. Negli Stati Uniti molte voci si erano levate contro di lui, da ambienti del Pentagono le pressioni sul fratello presidente perché si liberasse di lui si erano fatte quasi quotidiane, la stessa ricandidatura a presidente di Hamid Karzai era stata in bilico anche per via di quel fratello così controverso.
In uno dei file rivelati da WikiLeaks l’inviato del governo Usa Frank Ruggiero lo descriveva (settembre 2009) come «un corrotto e trafficante di stupefacenti». Due anni fa il New York Times aveva però rivelato che Ahmad era stato per otto anni a libro paga della Cia (si sarebbe occupato del reclutamento delle milizie paramilitari per combattere i Taliban).
La sua morte è stata prontamente rivendicata dai Taliban, ma restano forti dubbi che ad ucciderlo siano stati proprio loro. Perché Ahmad si era fatto troppi nemici. Quel che è certo è che la con la sua scomparsa si apre un vuoto di potere a Kandahar. Proprio la città  (e la circostante regione) dove il regime di Kabul subisce di più l’offensiva dei ribelli e dove si sono maggiormente concentrati gli sforzi americani. La Casa Bianca, intanto, ha ieri condannato, attraverso il suo portavoce Jay Carney, «nei termini più forti» l’assassinio di Wali Karzai.


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