La mossa di don Verzé per controllare l’università 

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MILANO— Don Luigi Verzé e i suoi fedelissimi (i Sigilli) si arroccano nell’Università  Vita Salute. Con un blitz ieri nel consiglio di amministrazione dell’ateneo il prete-manager ha proposto una modifica dello statuto che di fatto gli attribuisce tutte le prerogative di nomina. È una leva di potere fortissima sull’ospedale e sulla scelta dei primari. È il nuovo azzardo di don Luigi Verzé che, costretto a lasciare il timone del San Raffaele per il miliardo di debiti accumulati, si rifugia nell’ateneo fondato nel 1996. L’obiettivo? Farlo diventare l’ultima roccaforte del suo potere. Dopo l’ingresso della Santa Sede nel consiglio di amministrazione della Fondazione che guida il gruppo, il prete-manager si trova emarginato dalla guida dell’impero sanitario e dai business alternativi.
Con il cambio di statuto dell’Università  non ci saranno più consiglieri nominati dalla Fondazione. D’ora in avanti i componenti del cda dell’ateneo saranno incaricati direttamente da don Verzé tramite l’Associazione Monte Tabor, ovvero il ristretto entourage del sacerdote. È un modo indiretto per controllare anche la vita dell’ospedale dal momento che i 60 docenti sono primari e clinici del complesso sanitario. In cda ((nove membri, presidente don Verzé) le modifiche vengono lette nel silenzio e avallate. Del resto, sotto la cupola dal diametro di 43 metri (più grande di San Pietro), non è usanza contraddire i voleri del prete-manager.
Nata 15 anni fa, l’Università  Vita Salute del San Raffaele oggi conta quasi duemila studenti divisi in tre facoltà : Psicologia, Medicina e Chirurgia, Filosofia. Una recente classifica de Il Sole 24 ore la vede per prestigio in cima alla classifica degli atenei non statali. Lo statuto rimasto in vigore finora prevede un cda composto dal presidente dell’Associazione Monte Tabor (don Verzé o un suo delegato); da un membro designato dall’Associazione Sigilli (che fa capo a don Verzé); dal presidente della Fondazione del Monte Tabor (ancora una volta, don Verzé o un suo delegato); dal rettore (sempre don Verzé); da un uomo designato dal Senato accademico; uno espressione degli enti di beneficenza sostenitori e tre indicati dalla Fondazione. Ma queste tre ultime «pedine» ora saltano. E da qui in avanti sarà  comunque l’Associazione a riservarsi il diritto di vita o di morte sulle designazioni. La modifica di statuto dovrà  comunque passare al vaglio del ministero dell’Università . È il 2008 quando don Verzé, all’inaugurazione dell’anno accademico, dice: «Spetta a voi Sigilli, miei eredi e garanzia, prodigarvi perché il San Raffaele rimanga vivace in Milano e in tutto il mondo spinto dal Cristo: “Andate, insegnate e guarite”» .
Tre anni dopo e un miliardo di debiti da pagare, lo spirito del prete-manager resta lo stesso: la Santa Sede, con il presidente del Bambino Gesù Giuseppe Profiti che ha le piene deleghe operative, comanderà  anche il polo ospedaliero, ma sotto la Cupola vuole continuare a contare lui. Non c’è da stupirsi: «L’ateneo— come sostiene da sempre don Verzé — è soprattutto uno strumento forte per la personalizzazione della dottrina del San Raffaele, quella che l’ha fatto nascere e l’ha portato fino a qui» .
L’Opera San Raffaele: è il pensiero fisso di don Verzé, che continua a glissare sul resto. Ossia su quegli affari discutibili che hanno provocato la crisi e forse sono una delle ragioni che hanno spinto al suicidio otto giorni fa il suo vice, Mario Cal. «Le decisioni di Cal?— esordiva ieri don Verzé all’inizio del cda —. Le conoscevo solo superficialmente» . Una presa di distanza. Ma non molti gli credono.


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