La necessità  di scelte radicali

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Era all’ordine del giorno limitare lo strapotere della finanza, convertire la produzione per risolvere i gravi problemi ambientali e sociali, creando milioni di nuovi posti di lavoro e riducendo il divario enorme tra ricchi e poveri, ma il potere è tornato veloce nelle mani di una finanza avida e irresponsabile. La politica è debole e anche corrotta. Obama deve percorrere sentieri strettissimi e Angela Merkel si barcamena anche se è stata l’unico politico capace di prendere una decisione chiara: via dal nucleare. Perché di scelte si tratta. La rivoluzione ecologica e solidale è la risposta alla crisi di sistema che stiamo vivendo perché è la soluzione del dilemma rimosso: l’economia muore se non cresce ma se cresce distrugge il ramo su cui siamo seduti. È chiaro che può farlo un’economia che sostenga la rete della vita e una crescita misurata da indicatori diversi dal Pil, basata su modelli di benessere sobri e conviviali, su una concezione della natura organismo vivente. Idee nate dalle lotte, dalle pratiche e dalle riflessioni di milioni di persone nel mondo. Chi sa ancora guardare vede un movimento planetario che vuole vivere altrimenti.
È un’epoca di forte polarizzazione e al centro restano gli incerti che non vogliono scegliere. Una crisi finanziaria dietro l’altra, che non dà  segnali di riequilibrio e viene fatta pagare ogni giorno ai soggetti più deboli e lo stato di malattia grave del pianeta, impongono scelte radicali, certo non quelle auspicate dai guru dell’economia. La realtà  è complessa, piena di diversità  e sfumature ma a volte la semplificazione aiuta. Da che parte stiamo?
Nei periodi di crisi spesso vengono fuori le parti migliori di ciascuno di noi e si possono realizzare cambiamenti che sembrano impossibili.
Nello studio “Futuro sostenibile” del Wuppertal Institut, uno dei più importanti centri di ricerca sul clima, l’ambiente e l’energia, consulente ascoltato del governo tedesco (appena uscito in italiano per le Edizioni Ambiente), viene ricordata la decisione presa da Roosevelt nella seconda guerra mondiale. Convocati gli industriali dell’auto il Presidente comunica che dovranno costruire armamenti. Sconcerto, come fare a costruire armi e auto? «Signori miei, non avete capito: non costruirete più neanche un’automobile», la risposta secca di un’epoca in cui la politica contava qualcosa.
Ecco, oggi c’è bisogno di decisioni altrettanto nette: bloccare la finanza speculativa impegnata a far girare con un ritmo sempre più veloce soldi virtuali con l’unico scopo di arricchirsi e convertire l’intero sistema produttivo, oggi causa prima di squilibri letali per il pianeta e per la comunità  umana, rovesciandone la logica antiumana e in modo che sia compatibile con i cicli della natura. Le tecnologie ci sono e la società  civile è mobilitata da anni, perché per imprese simili ci vuole la partecipazione della gente comune, dei cittadini. Come dicono gli slogan: «Si può fare» e «Se non ora, quando?».


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