L’Italia rischia tre mesi a crescita zero

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ROMA – Arrivano nuovi tagli alle stime di crescita del Pil italiano. Scendono in campo per primi Confindustria e Confcommercio per lanciare l’allarme. Per il centro studi di Viale dell’Astronomia nel terzo trimestre di quest’anno la crescita sarà  «quasi nulla» e dovremo aspettarci una lunga fase di Pil debole nel corso della quale difficilmente supererà  l’1 per cento l’anno. Il quadro è piuttosto cupo: l’occupazione langue, la domanda interna «ristagna» e le esportazioni frenano.
In questo contesto le previsioni del Pil per quest’anno e per il prossimo, elaborate dal Centro studi Confindustria, non sono rosee. In assenza di un «sostanzioso piano di riforme» sul lato dell’offerta, e considerando il «doveroso e pieno perseguimento dei target di finanza pubblica», la crescita quest’anno sarà  dello 0,8 per cento (contro l’1,1 stimato dal governo nel Def) e dello 0,6 per cento nel 2012 (contro l’1,3 per cento del governo).
Anche la Confcommercio esprime preoccupazione e rivede al ribasso le stime di crescita dopo il varo della manovra da 48 miliardi e parla di «effetti recessivi». Per il 2011 l’associazione dei commercianti indica una crescita del Pil pari all’1 per cento (la sua precedente previsione parlava di un 1,1 per cento) mentre per il 2012 la stima è dell’1 per cento (contro il precedente 1,2 per cento).
Il presidente Carlo Sangalli ha puntato l’indice sulla «clausola di salvaguardia» che prevede dal 2013 il taglio automatico delle agevolazioni fiscali in caso di mancata riforma del Welfare e dell’assistenza. «Inesorabilmente – ha detto il presidente della Confcommercio – il taglio delle agevolazioni fiscali e il prevedibile aumento complessivo delle tasse avranno un ulteriore effetto depressivo su crescita e consumi». Secondo i commercianti le famiglie italiane sono incerte a causa degli aumenti e prevedono di ridurre la spesa per beni di consumo.
I rischi per la crescita dovuti alla manovra, se non supportati dal piano nazionale di riforme (produttività  e competitività ), del resto erano stati già  sottolineati nell’audizione del 20 aprile scorso dal vicedirettore generale della Banca d’Italia, Ignazio Visco. «Nel breve periodo la correzione dei conti tende a esercitare un effetto negativo sulla crescita del Pil», aveva detto in Parlamento durante l’audizione sul Def 2011. «Analisi fondate sull’evidenza empirica passata – aveva aggiunto Via Nazionale – indicano che per il nostro paese una riduzione della spesa pubblica dell’ordine di un punto percentuale del prodotto riduce, nell’ipotesi di costanza dei tassi d’interesse, la crescita dell’economia di circa mezzo punto percentuale nell’arco di due anni. Nel Def – aveva concluso – gli effetti restrittivi di breve periodo sono verosimilmente compensati dagli impulsi esercitati dall’aggiustamento sulla fiducia degli operatori economici, oltre che dall’impatto delle riforme indicate nel Pnr».
Mentre dalla Unione europea giunge una sostanziale «promozione» della manovra che va nella «giusta direzione» sulla correzione dei conti pubblici italiani interviene anche il settimanale «Economist» secondo il quale il decreto è «inconsistente», non scalfisce gli interessi costituiti e definisce l’economia del nostro paese come «moribonda».


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