L’Ue processa l’Italia “Tlc, troppi diritti negati”
ROMA – A Natale 2009, la Commissione europea ha precisato i diritti del cittadino che utilizza il telefono oppure Internet. Ma gli Stati e le Autorità nazionali di garanzia, che avrebbero dovuto trasferire questi diritti nelle nostre vite e attuarli, non lo hanno ancora fatto. Per distrazione, per inefficienza.
Ora l’Europa si è stancata di aspettare e solleva adesso un “cartellino giallo”. Venti Paesi ritardatari – tra cui l’Italia, ovvio – ricevono una lettera di messa in mora. Hanno due mesi di tempo per giustificare la loro pigrizia. Allo scadere di questo ultimatum, e in assenza di risposte concrete, subiranno un vero e proprio processo europeo che si chiama “procedura di infrazione”. Le Nazioni inadempienti rischiano, alla fine di questo percorso, una severa sanzione economica ed anche una cattiva figura.
Natale 2009, dunque. La Commissione europea approva un pacchetto di “leggi europee” (regolamenti e direttive) che vuole aiutare i cittadini alle prese con le compagnie del telefono. Le 72 pagine di nuove regole, una specie di bignami, indicano i nuovi diritti a volte in termini generali, altre volte con precisione. Chi vuole cambiare operatore mobile, e conservare il proprio numero di telefono, dovrebbe avere tempi di attesa di un solo giorno lavorativo e senza che il cellulare cessi di funzionare un istante. Altro esempio. Qualsiasi contratto può essere stracciato nel caso la società di telefonia cambi le condizioni del servizio di sua iniziativa. E ancora. Il tele-utente deve avere diritto a contratti di durata annuale che non si rinnovano in modo automatico: il rapporto, anzi, si prolunga se il cittadino lo vuole.
Direttive e regolamenti europei chiedono anche che le cabine telefoniche siano mantenute in funzione e semmai aumentate nel numero e nella qualità del servizio (l’esatto contrario di quello che capita in Italia). Le persone colpite da handicap, poi, hanno diritto a chiamare, chattare, navigare in condizioni di «piena uguaglianza» con tutti gli altri cittadini. La nostra privacy – messa a rischio dai “vampiri” che frequentano i social network come Facebook – deve essere blindata soprattutto quando il navigatore è un «soggetto debole» perché minorenne.
Tutti gli strumenti che utilizziamo – ennesimo esempio – dovrebbero avere come una “segnaletica” che ci aiuti e ci informi. Supponiamo che una Sim sia utilizzabile con un determinato operatore perché bloccata e con nessun altro. Sul dorso, dovrebbe avere stampata la scritta “lock” (blocco) in modo che il consumatore ne conosca, al volo, le caratteristiche.
L’elenco dei diritti potrebbe continuare. Il problema è che si tratta di possibilità solo teoriche fino a quando i nostri governi e le Autorità li vorranno ignorare. Al momento, solo sette Nazioni hanno recepito per davvero queste norme, e le applicano. Sono la Danimarca, la Finlandia patria dei telefonini, Irlanda e Regno Unito, la civile Svezia. Ma anche Paesi più piccoli come Estonia o Malta. Piccoli nelle dimensioni o nel Pil, forse. Ma grandi a volte nel rispetto dei diritti.
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