Moody’s minaccia la Spagna

by Sergio Segio | 30 Luglio 2011 6:41

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 Nuova giornata negativa per tutte le piazze mondiali. L’incertezza è tanta a cominciare dagli Usa dove prosegue lo stallo nelle trattative per l’innalzamento del tetto del debito Usa anche se Obama ha assicurato che «e posizioni non sono distanti». Sempre dagli Usa, poi, sono arrivati dati macroeconomici deludente: quello relativo alla crescita del Pil nel secondo trimestre; il clima di fiducia che in luglio ha registrato un secco ribasso e, non ultimo, l’indice Ism dell’area di Chicago che segnala, sempre in luglio una contrazione dell’attività  manifatturiera. Per ultimo, ma molto importante per l’Europa, l’annuncio di Moody’s che ha comunicato di aver messo sotto osservazione il rating della Spagna. Per l’Italia questo si è tradotto in un nuovo allargamento dello spread dei Btp rispetto ai Bund tedeschi.

Le borse europee avevano già  evidenziato in apertura che quella di ieri sarebbe stata una nuova giornata negativa. Si sperava nell’arrivo di buone notizie dagli Stati uniti, ma l’attesa è andata delusa. Di più: il dato sull’andamento del Pil nel secondo trimestre (+1,3% il dato annualizzato, contro l’1,9% – come comunicato in precedenza – dei primi tre mesi dell’anno e il 3% penultimo trimestre 2010) ha ulteriormente gettato nel panico gli investitori che nei numeri hanno trovato la conferma di quanto aveva anticipato la Fed tre giorni fa. E cioè che la crescita negli Usa sta ulteriormente rallentando e questo non favorisce l’assorbimento della disoccupazione e anche la crescita dei consumi. A creare ulteriore confusione ha contribuito la notizia di una revisione al ribasso della crescita del Pil nel primo trimestre che passa dall’1,9% a un microscopico 0,4%. Rivista invece al rialzo la crescita del Pil nell’intero 2010 dal 2,9% al 3%.
Altre pessime notizie dagli Usa sono arrivate dall’indicazione negativa dell’indice Ism di Chicago, sceso in luglio a 58,8 punti da 61,1 in giugno. Un dato nettamente peggiore delle attese degli analisti. Altro duro colpo – ma non ha destato sorpresa, visto le incertezze politiche, oltre che economiche – è stato il quasi crollo della fiducia dei consumatori: l’indice calcolato dall’Università  del Michigan è sceso a in luglio a 63,7 punti contro i 71,5 dell’ultima rilevazione di giugno.
La Spagna, intanto, trattiene il fiato: la minaccia di Moody’s di abbassare il rating del paese (attualmente Aa2) per le difficoltà  di bilancio del paese, ma anche per la crisi politica che porterà  a nuove elezioni in novembre sta creando conseguenze pesanti sui tassi di interesse, anche se il debito spagnolo non è così enorme come quello italiano. Moody’s ha anche mandato a dire che le pressioni su Madrid potrebbe aumentare, a causa dei timori legati al piano europeo di aiuti alla Grecia, che ha creato un precedente coinvolgendo il settore privato e ha aumentato il rischio per gli investitori che detengono obbligazioni.L’Fmi, da parte sua, ieri ha fatto sapere che le condizioni economiche di Madrid possono peggiorare.
Le quotazioni dell’euro hanno reagito alla notizia della decisione di Moody’s di mettere sotto osservazione con implicazioni negative il rating del Paese iberico scendendo a 1,4276 sul dollaro che prima della diffusione della notizia era scambiato a 1,4350. In chiusura della giornata, tuttavia, l’euro (sulle voci di un prossimo accordo sul tetto del debito Usa, ha recuperato un po’ chiudendo a 1,4389. Le voci di un possibile accordo tra repubblicani e democratici sul tetto al debito hanno contribuito, prima della chiusura delle contrattazioni, a far recuperare leggermente gli indici azionari. Tuttavia, Piazzaffari ha chiuso la settimana con una nuova perdita che per l’indice Mib (le società  maggiori) è stata dello 0,67%.
La notizia più dolorosa per l’Italia arriva, però dall’aumento dello spread tra Btp e Bund tedeschi: ha toccato un nuovo massimo di 338 punti (il 3,38%) anche se nel finale ha ripiegato a 330 punti. Una enormità  che renderà  molto più caro il collocamento del debito italiano nelle prossime aste. Anche se una piccola parte dell’aumento del differenziale deriva da una riduzione dei tassi in Germania.
La crescita dello spread tra Italia e Germania ha radici profonde nell’elevato livello del debito italiano. Ma non è solo questo a spingere i tassi in alto. Il problema reale è che l’economia italiana seguita a non crescere o a farlo a tassi molto bassi. E gli ultimi dati non danno fiducia. Ieri, ad esempio, a conferma che nel terzo trimestre il Pil non crescerà  (e forse diminuirà ) è arrivata la stima del CsC sulla produzione industriale in luglio: è stato rilevata una flessione dello 0,4% su giugno. Il livello di attività  risulta del 16,9% inferiore al picco pre crisi (aprile 2008) e in recupero solo del 12,4% dai minimi di marzo 2009.

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