Operaio muore a Marghera

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 VENEZIA.Michai Sadasurschi, 44 anni, sposato, due figli piccoli. E’ il sedicesimo morto sul lavoro in Veneto dall’inizio dell’anno; la terza «morte bianca» nel Veneziano nel giro di una settimana. Lo ha ucciso, ieri mattina, un disco di metallo del diametro di 2 metri «sganciato» nel cortile della Polimeri Europa, società  petrolchimica del gruppo Eni di Porto Marghera. L’operaio, dipendente della Belmont, stava eseguendo la manutenzione degli impianti: subappalto girato dall’azienda (Marcato) che si era aggiudicata la commessa di Polimeri. E’ la letale devolution produttiva del mitico “modello Nord est”: massimo profitto, minimo costo del lavoro.

«Una situazione intollerabile. Un arretramento generalizzato della sicurezza delle condizioni di lavoro» denunciano Emilio Viafora, segretario regionale Cgil, e Roberto Montagner, responsabile del sindacato a Venezia. «Naturalmente spetta alla magistratura accertare ogni responsabilità . Quel che è certo, però, è che le tutele che valgono per i dipendenti delle grandi aziende sono molto più deboli per il sistema degli appalti e subappalti». Da qui la richiesta alle imprese del polo chimico: «Assumetevi le responsabilità  nei confronti di tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di rapporto con il committente». Per la Cgil il passo successivo è una trattativa negoziale ad ampio spettro sul Petrolchimico tra istituzioni, Spisal e Ispettorato: «L’obiettivo? zero morti sul lavoro» puntualizzano i sindacalisti.
Gerardo Colamarco, segretario Uil del Veneto, commenta così la vicenda: «Assistiamo allo sterile dibattito tra aziende e istituzioni locali di cui pagano le conseguenze, ora anche con la vita, gli operai. E’ ora di rivedere gli accordi di programma sul Petrolchimico, superati dagli eventi. E serve subito un commissario straordinario per Porto Marghera. Lo dobbiamo alla memoria degli operai morti sul lavoro».
Inevitabilmente, l’eco dell’«incidente» di Marghera raggiunge palazzo Ferro-Fini, sede del Consiglio regionale. Il primo a intervenire è Mauro Bortoli (Pd) che avverte: «Non la si definisca una tragedia. Si tratta, purtroppo, dell’ennesimo evento annunciato. Mentre i lavoratori continuano a morire a causa delle precarie condizioni di impiego, appare evidente come tutta una serie di norme e di tagli di risorse abbia pregiudicato pesantemente la sicurezza dei luoghi di produzione». Soprattutto, Bortoli punta l’indice contro il modello organizzativo basato su un decentramento produttivo «infinito», che vanifica ogni principio di precauzione. Prima di chiamare in causa il governatore leghista Luca Zaia. «La Regione investa seriamente nella prevenzione degli infortuni e potenzi i controlli. Bisogna evitare che il conto della crisi venga pagato solo dall’anello più debole della catena produttiva. Non si può continuare a considerare i lavoratori come merci, e va evitata qualunque enfasi sul calo delle “morti bianche” dovuto, come è noto, solo alla drastica diminuzione degli occupati in Veneto», aggiunge Bortoli.


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