Parma, pronta a voltare pagina La delusione degli industriali

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PARMA — Il braccio di ferro tra il sindaco Pietro Vignali e gli indignati che ne chiedono le immediate dimissioni ha vissuto ieri un’altra puntata, la quarta. E anche stavolta se ne sono viste di tutti i colori. Cortei di protesta ritmati dal suono di pentole e fischietti, manifesti che intimano ai «maiali di andar via dal Comune» , consiglieri comunali del Pd che si presentano in aula con la scritta «dimissioni» sulla cravatta e che chiedono formalmente al sindaco di farsi da parte. L’arrivo delle pizze verso le ore 20 per dar modo ai manifestanti di non mollare il presidio ha ridato un tocco di leggerezza a una contrapposizione ormai invelenita.
La giunta comunque non sembra scalfita nel morale; se un assessore mette il naso nel portico sotto il municipio si prende una bella razione di fischi, ma in aula si prendono decisioni come se niente fosse. Ieri è stato approvato, con il distinguo dell’Udc che ha votato con l’opposizione, il piano industriale del Centro agroalimentare e si è riformata la tariffa per i rifiuti. Vignali si è anche autolodato per i risultati raggiunti nella raccolta differenziata. Intanto in città  girano le indiscrezioni più varie, si parla dei dubbi delle banche creditrici del Comune che non vorrebbero più mettere mano al portafoglio per garantire l’operatività  della holding Stt e si aggiorna il tabellone degli interrogatori in Procura. Ieri è stata la volta di un imprenditore agli arresti, Gianluca Facini, che ha chiacchierato con i magistrati per cinque ore.
La notizia del giorno è comunque un’altra ed è così catalogabile: «quando piove sul bagnato» . La Corte dei conti ha infatti condannato l’ex sindaco Elvio Ubaldi e l’allora assessore Pietro Vignali per le polizze stipulate a spese del Comune per tutelare gli amministratori in caso di errori gestionali. Il danno per le casse del municipio è stimato in 370 mila euro, una cifra che per i numeri che girano a Parma in questi giorni (si parla di debiti per 630 milioni di euro) sono le classiche peanuts. Ma mentre indignati e militanti dell’opposizione animano la protesta con qualche concessione al folklore politico (ieri è il corteo rumoroso è stato definito «cacerolazo» ), gli industriali come stanno vivendo questa fase concitata della vita cittadina? Senza voler scomodare l’abusato schema dei poteri forti il peso che l’associazione degli imprenditori privati ha in città  è maggiore che in altre province emiliane come Bologna, Reggio o Modena. A Parma è molto più tenue il contrappeso storicamente rappresentato dalla Lega Coop e nella città  ducale gli industriali controllano il giornale più diffuso, La Gazzetta di Parma, e possiedono un’emittente piuttosto influente, Tv Parma.
Non va dimenticato poi che in zona ci sono due tra le quindici maggiori multinazionali italiane, la Barilla e la Parmalat, che seppur differentemente coinvolte nelle vicende cittadine (Enrico Bondi non ne voleva sapere assolutamente e il suo disinteresse era ricambiato con qualche battuta antipatica) sono pur sempre un presidio del capitalismo privato. A sentire il nome del sindaco Vignali qualsiasi dirigente dell’Unione industriali di Parma non può nascondere un impercettibile tic di reazione, il segno di un nervo scoperto.
Quante associazioni territoriali della Confindustria a ridosso delle amministrative hanno avuto in Italia le bella pensata di votare formalmente al loro interno il candidato da appoggiare nelle urne? Nelle recenti amministrative non si ha notizia di nessuna e comunque anche in passato non molte, fortunatamente. Parma ha voluto votare. Il risultato è stato bulgaro a favore di Vignali che ha stracciato il candidato del centrosinistra Alfredo Peri, ex sindaco di Collecchio, con 40 voti a 2. Un cappotto. Del resto come si faceva a non benedire un bel sindaco che era stato testato come assessore ai lavori pubblici e prometteva di spendere e spandere? Quei 40 voti oggi sono un ricordo indigeribile così come è difficile convincere un non parmigiano che uomini di impresa di grandi capacità , attentissimi al controllo di gestione delle proprie aziende, non si fossero accorti che il sindaco aveva realizzato il prototipo della macchina dei de- biti. Le indiscrezioni sui rapporti tra la locale Confindustria e l’amministrazione comunale sono materia all’ordine del giorno in città , anche in periodi meno turbolenti dell’odierno. Molte decisioni vengono interpretate in ragione delle pressioni di Via al Ponte Caprazucca, la sede degli aquilotti parmigiani. Proprio nei giorni scorsi un settimanale considerato outsider, La Voce di Parma, ha rivelato che Calisto Tanzi nel ’ 98 aveva pensato di candidare come sindaco il suo direttore finanziario, Franco Gorreri, e che solo un pellegrinaggio a Collecchio di Elvio Ubaldi, che poi sindaco lo sarebbe diventato, lo aveva convinto a soprassedere. Dai giorni dell’idillio con Vignali di acqua sotto i costosi ponti della città  ne è passata tanta e gli industriali pian pianino sono tornati sui loro passi. A dar fuoco alle polveri era stato per primo l’inflessibile cavaliere del lavoro Paolo Pizzarotti, che aveva rotto con il sindaco non in nome del bene comune, bensì del suo personalissimo tornaconto di imprenditore delle costruzioni a caccia di commesse sicure. Vignali non voleva fargli più la metropolitana hollywoodiana che aveva promesso (costo stimato 750 milioni!) e l’altro gli tolse il saluto.
 I maliziosi credono di sapere che da allora la televisione di Pizzarotti, Teleducato, ha cominciato a sparare sulla giunta nemmeno fosse Report della Gabanelli, ma si tratta di quelle leggende fatte a posta per scatenare grasse risate nei bar. che la giunta Vignali non fosse un caso di studio per amministratori votati al buongoverno, gli industriali hanno iniziato a capirlo per via traversa.
Quando seppero che l’azienda dei trasporti, la Tep, aveva depositato 7,5 milioni di euro sul conto della banca milanese Mb, prima in gravi difficoltà  e poi commissariata dalla Banca d’Italia nel luglio 2009. L’opposizione in consiglio comunale fece grandi scenate, i cittadini cominciarono a guardarsi intorno circospetti e gli industriali a iniziare a raffreddarsi. Poi l’avviso di garanzia recapitato ad Andrea Costa, potente amministratore delegato della Stt, nel novembre 2010 per tangenti, è stato una seconda scampanata d’allarme, di quelle che svegliano pure i sordi. Ma quando gli storici delle giornate di Parma dell’estate 2011 vorranno rintracciare il primo documento formale di critica confindustriale alla giunta capeggiata dall’ex commercialista Vignali dovranno arrivare a pagina 18 rigo 20 della relazione del presidente Giovanni Borri (Profumi) all’assemblea dell’Unione industriali il 15 giugno scorso. Appena una settimana prima degli undici-arresti undici ordinati dal procuratore Gerardo Laguardia.
 «Al Comune chiediamo di impostare una politica di rientro dall’eccessivo indebitamento accumulato in questi anni» ha scandito Borri davanti a un’affollatissima platea, ed è stato questo il momento clou. Chi doveva capire capì. Subito dopo gli industriali a Parma pesano molto gli avvocati. Ce ne sono tanti, una pletora. Il diritto nel ducato conta molti seguaci. I legali seniores hanno avuto tutti il tempo di diventare ricchi, i giovani si lamentano di guadagnare poco, quanto un operaio della Barilla. Buon per loro però che con gli arresti già  fatti, e quelli che paiono pronti nella pipeline della Procura, da lavorare ne avranno per parecchio tempo. Gli avvocati, dicevamo, come gli altri professionisti della Parma borghese oggi paiono delusi. Chi frequenta il tennis club Mariano, uno dei salotti buoni della città , riferisce di conciliaboli nervosi tra i soci che pure a loro tempo avevano votato massicciamente per Vignali.
Le tasse fanno paura a tutti e i professionisti sanno che alla fine qualcuno il conto lo dovrà  pagare.
La società  civile parmigiana si dice rinata con le manifestazioni contro il sindaco. Come nome di battaglia ha scelto «La piazza» e gli slogan ricorrenti si appuntano contro «le partecipate» , i seguaci di Beppe Grillo gridano «più Stato meno Spa» . Sembra un convegno di diritto societario più che un tumulto di strada ma tutto si spiega con il punto dolente, l’uso abnorme fatto dalla giunta delle società  miste pubblico private, la vera chiave della macchina dei debiti. L’obiettivo delle manifestazioni è la cacciata di Vignali, ma nessuno ha chiaro come alla fine si porrà  rimedio ai guasti operati sui bilanci delle società  controllate. Venduta la Parmalat si ritroveranno con la Parmatax?


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