Perù. «Sarà  un governo a due anime»

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  LIMA. Javier Diez Canseco è una figura di amplia traiettoria nella sinistra peruviana. Dirigente del Partido socialista, eletto deputato nelle ultime elezioni, universalmente ammirato per la sua lotta efficace e decisa alla corruzione, ritorna al Congresso per un settimo mandato. Lunedì scorso, quando i 130 nuovi parlamentari sono entrati in funzione, anziché giurare sulla Bibbia o sul crocifisso, Diez Canseco ha giurato di compiere le sue mansioni «per Marià¡tegui, César Vallejo e un paese giusto, solidale e senza corruzione».
È presto per dare giudizi su un governo che non è ancora entrato in funzione, ma come descriverebbe l’attuale dinamica politica?
Ollanta Humala, al primo turno, aveva ottenuto il 32% dei voti e per vincere le elezioni ha dovuto superare il 50%. Per ampliare la base elettorale ci si è dovuti avvicinare a settori di centro e centro-destra, includendo settori liberali come quello di Vargas Llosa, per formare un blocco politico contro il ritorno del fujimorismo, un regime di corruzione e crimine che il paese ha subito per un decennio. Si è stabilita allora una roadmap che prevedeva la partecipazione al governo delle componenti di Gana Perຠ– il Partito nazionalista, settori della sinistra, movimenti regionali e popolari – ma anche di settori di centro e liberali. Tuttavia, c’è stata una forte pressione della destra che ha perso le elezioni, ha provocato un crollo in Borsa e ha spinto per un governo che rappresentasse i suoi interessi, specialmente nei dicasteri economici. Credo che questo processo di pressioni politiche caratterizzerà  l’inizio del nuovo governo come è successo in altri casi analoghi in America latina in cui governi progressisti con una forte presenza di sinistra hanno finito per incorporare, in una prima fase, ministri con concezioni neoliberiste tradizionali.
Dicono che Ollanta si sia spostato gradualmente dal modello Chà¡vez al modello Lula per conquistare il centro dell’elettorato…
Non credo nell’esistenza di questi modelli, in ogni caso il modello Chà¡vez qui non funzionerebbe e il modello Lula è inapplicabile perché il Perù non è un paese industrializzato come il Brasile. Il Brasile difende con forza il suo mercato interno dai trattati di libero commercio, protegge la produzione interna e genera una dinamica economica basata sulla crescita del mercato interno. In Perù, il mercato interno è stato abbandonato alla sua sorte.
Da veterano della politica parlamentare, come legge la composizione del nuovo governo?
Nei ministeri sociali vedo una forte presenza progressista e un orientamento avanzato. È il caso dei tre ministeri femminili: la donna, l’educazione e la cultura. Per quanto riguarda il ministro della sanità , non mi risulta che abbia alcuna esperienza in tema di salute pubblica. Ci sono difficoltà  nella Banca centrale: Julio Velarde, riconfermato nell’incarico, è un politico molto conservatore e si è già  opposto in precedenza all’aumento del salario minimo. Nel campo dei ministeri economici vedo abbastanza difficoltà . E’ possibile prevedere uno scenario con forti divergenze di opinione, in cui il presidente avrà  una funzione importante per poter realizzare il programma proposto.
Come si inquadra in un contesto geopolitico la vittoria di Ollanta Humala?
È chiaramente una sconfitta per la politica statunitense, il fallimento della costruzione del cosiddetta Alleanza del Pacifico con Messico, Colombia, Cile e Perù e anche una riaffermazione della politica dei paesi dell’Unasur, in favore di un rapporto fra le nazioni sudamericane per formare un blocco unitario e permetterci un approccio differente nei negoziati internazionali.
Che Perù lascia Alan Garcà­a?
Lascia un paese con crescita economica ma senza redistribuzione della ricchezza, senza che una grande percentuale della popolazione possa partecipare ai benefici di questa crescita. Lascia un Perù con una corruzione generalizzata, una delinquenza in aumento e con focolai di conflitti sociali non risolti. Un paese lottizzato dalle grandi compagnie minerarie e petrolifere in conflitto con i popoli originari. Insomma, lascia una gran quantità  di lavoro per il prossimo governo.

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MINISTRO DELLA CULTURA
Susana Baca come Gilberto Gil

 Susana Baca, nata a Lima nel 1944, è una notissima interprete della musica tradizionale peruviana attualizzata attraverso il suo inconfondibile stile. E’ anche l’icona della cultura afro-peruana, quella minoranza di peruviani neri molte volte disprezzati o sottovalutati in un paese a maggioranza indigena e a dominanza «criolla». Con la sua musica ha girato tutti i palcoscenici del mondo, ha vinto un premio Grammy latino. Prima di dedicarsi alla musica, Susana Baca è stata maestra di scuola. Il suo impegno artistico e, ora, anche politico, è di democratizzare la cultura, molto elitaria e classista in un paese come il Perù, e di diffonderla in giro per il mondo. Con la nomina di Susana Baca, Humala muove un altro passo nella direzione tracciata dal brasiliano Lula, che nel suo primo governo, nel 2003, nominò Gilberto Gil, una delle star della musica popular brasileira, quale ministro della cultura (suscitando non poche polemiche fra gli intellettualoni). Susana ha detto che lo chiamerà  per chiedergli consigli e capire come poter conciliare l’attività  artistica con quella governativa.


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