Piccoli contaminati, l’incubo di Fukushima

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 KORIYAMA.Per Miwa (il suo nome e quelli degli altri contaminati sono fittizi, perché non vogliono essere riconosciuti) lo shock è arrivato con i risultati delle analisi del figlio: «Sapevo potesse essere stato contaminato ma non immaginavo dei livelli così alti». I valori di cesio 134 e 137 rinvenuti nelle urine di Keiji, 13 anni, indicavano un livelli superiori alla media.

Quando un gruppo di volontari si è offerto di esaminare le urine di alcuni bambini della città  di Fukushima, Miwa ha accettato senza esitazione. Aveva paura che il cibo e l’acqua di pozzo bevuta dopo il terremoto potesse aver messo a rischio la salute del suo ragazzo. Soltanto settimane dopo l’incidente, il governo ha annunciato che 770 mila terabecquerels di sostanze radioattive erano state emesse nell’atmosfera dopo l’esplosione dei reattori della centrale.
Ma i risultati non hanno sconvolto solo Miwa: tutti e dieci i bambini esaminati sono risultati contaminati. Come hanno tenuto a confermare le autorità , David Boilley, l’esperto francese a capo dell’organizzazione Acro che ha raccolto ed esaminato i campioni di urine, ha chiarito che il livello di contaminazione è lieve e non presenta rischi immediati per la salute dei bambini. Ma ha anche aggiunto che «dato che tutti gli esaminati sono risultati positivi, l’intera città  potrebbe essere contaminata».
Ancora oggi Miwa teme per la salute di suo figlio che continua ad allenarsi a tennis con la squadra della scuola sullo stesso campo da gioco su cui per settimane si sono depositati i materiali radioattivi. «Non vuole smettere per non essere l’unico a scappare davanti al pericolo. Ha paura della reazione del maestro e dei suoi compagni» racconta Miwa, che sembra impotente davanti alle proteste di un adolescente.
Ma Keiji non rimarrà  ancora per molto a Fukushima. Sua madre ha deciso di mandarlo a vivere dallo zio ad Okinawa, a più di 1.700 kilometri di distanza dalla sua città  natale e dal pericolo delle radiazioni. Miwa e il marito, però, non si trasferiranno; hanno un mutuo da pagare e un lavoro che non possono lasciare. «È stata una decisione molto difficile e ancora non riesco a darmi pace ma ho paura che un giorno possa ammalarsi» dice commossa.
La loro è solo una delle tante famiglie che si stanno sfasciando per la paura degli effetti delle radiazioni.
Anche Konomi Honma, residente a Koriyama – una cittadina a circa 60 chilometri a ovest dalla centrale – sta pensando di trasferirsi altrove con suo figlio di nove mesi. Il marito Kazuyuki, un impiegato pubblico, non li seguirà . Dopo il terremoto solo una volta hanno portato il bambino fuori a passeggio. Hanno paura che venga esposto alle radiazioni e da quando è nato ha passato metà  della sua vita al chiuso, perché giocare all’aria aperta è sconsigliato. «Se chiedi alle autorità , ti dicono che far giocare i bambini fuori non è pericoloso ma è meglio evitare» dice Kazuyuki.
Koriyama non rientra ufficialmente nella zona a rischio e gli abitanti non sono mai stati invitati ad evacuare.
Negli ultimi mesi, tuttavia, il numero di bambini che manifestano sintomi di debolezza, sangue dal naso e diarrea, secondo quanto riportato da un’associazione di volontari che si sta occupando di sensibilizzare l’opinione pubblica, è in crescita.
Molti genitori temono che i loro figli si stiano ammalando per aver inalato o ingerito sostanze radioattive ma la maggior parte degli esperti smentisce, poiché la quantità  di radiazioni a cui sono stati – e sono tuttora – esposti i cittadini è troppo bassa per indurre la cosiddetta sindrome acuta da radiazioni.
L’organizzazione mondiale per la sanità  ha reso noto che, in caso di incidente nucleare, «è improbabile che la popolazione venga esposta a dosi così alte da causare effetti acuti». Ha però aggiunto che «può essere esposta a basse dosi che potrebbero aggravare il rischio di effetti a lungo termine come il cancro».
La mancanza di consenso sugli effetti delle basse dosi di radiazioni è ciò che divide la comunità  scientifica ma anche i genitori dei bambini di Fukushima.
Secondo la Commissione internazionale per la protezione radiologica, il rischio di tumore aumenta dello 0,5% quando l’esposizione alle radiazioni supera i 100 millisievert l’anno. Al di sotto di questo valore gli effetti nocivi sulla salute non sono provati.
«Lo standard dei 100 millisievert dipende dal risultato degli studi fatti su Hiroshima e Nagasaki – spiega il professor Tomoya Yamauchi, esperto in metrologia delle radiazioni presso l’università  di Kobe -. Il problema è che non abbiamo dati sufficienti per i primi cinque anni dopo lo scoppio della bomba atomica per cui possiamo dire con certezza che sotto questa soglia non c’è pericolo».
Dopo l’incidente di Fukushima le autorità  giapponesi hanno deciso di elevare da 1 a 20 millisievert il limite massimo di esposizione annuale per bambini e adulti, sollevando una serie di proteste da parte di genitori e alcuni scienziati. Anche gli esperti dell’istituto di radioprotezione e sicurezza nucleare francese considerano la soglia troppo alta e hanno suggerito di ridurre il limite a 10 millisievert, secondo le misure straordinarie applicate in caso di incidente nucleare.
“Se fosse così anche in Giappone, almeno altre 70.000 persone della prefettura di Fukushima dovrebbero essere evacuate,” ha commentato Boilley di Acro, l’associazione francese impegnata nella misurazione della radioattività .
Le autorità  giapponesi al momento non hanno intenzione di modificare lo standard ma, secondo fonti ufficiali, agli inizi di luglio la prefettura di Fukushima ha dato il via ad un’indagine per determinare il livello di esposizione interna degli abitanti della regione.
Nei mesi precedenti, infatti, solo 1080 bambini di tre delle cittadine più colpite dalla nube radioattiva erano stati presi in considerazione. Il sondaggio ha mostrato come la tiroide del 45% degli esaminati è stata esposta alle radiazioni ma il livello di esposizione media – di 0,2 microsievert l’ora – è considerato nettamente inferiore alla soglia dei 100 millisievert l’anno considerata cancerogena.
Per le mamme nelle campagne, tuttavia, l’apprensione cresce, perché temono gli effetti – mai accertati né smentiti – dell’esposizione continua a basse dosi di radiazioni causata dall’ingerimento di cibi contaminati.
«Nessuno ci dice di non coltivare perché può essere pericoloso» sostiene Miho Hattori, fioraia e madre di tre bambini. «Perciò le persone continuano a coltivare come sempre e a mangiare i propri prodotti come se niente fosse».
La famiglia Hattori vive a Koriyama da generazioni e ha un terreno in campagna a pochi kilometri dalla città .
A differenza dei suoi vicini di campo, però, quest’anno Miho non mangerà  nessuna delle verdure che ha piantato, perché non vuole rischiare di dare ai suoi figli del cibo contaminato.
Il suo è l’unico orto non curato in mezzo a risaie verdeggianti e ordinate. Le patate e le cipolle che raccoglierà  saranno portate ad esaminare, insieme all’erba che non è mai stata tagliata da marzo.
Con l’aiuto dei volontari, controlla regolarmente i livelli di cesio in vari punti del terreno di famiglia e non si stupisce più quando, appena appoggiato al suolo, il contatore geiger comincia a suonare segnalando 0,565 microsievert l’ora in alcuni punti, 1,191 in altri.
Confessa di avere l’impressione che le foglie degli spinaci siano più grandi del solito e di essere preoccupata per la salute dei suoi figli ma, se le si chiede se ha intenzione di andarsene, dice di no, con un po’ di imbarazzo.
«Molti di noi aspettano istruzioni dal governo» denuncia. «Se fossimo tutti costretti ad andarcene e avessi la certezza che tutti i miei parenti possono venir via con me, prenderei i miei figli e me ne andrei volentieri. Altrimenti, non me la sentirei mai di abbandonare la mia comunità ».

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IL GRADIMENTO DEL PREMIER PRECIPITA
«Riflettere sui nostri errori», ma Kan mai così impopolare

 KORIYAMA.A più di quattro mesi dall’inizio della crisi nucleare il governo giapponese fa il mea culpa. Pochi giorni fa il ministro incaricato per la gestione delle emergenze nucleari, Goshi Hosono, aveva annunciato i successi del governo che sarebbe riuscito a portare a termine la prima fase della roadmap definita ad aprile per portare sotto controllo la centrale Daiichi di Fukushima.

Così aveva reso noto come le autorità  e la Tepco fossero riusciti nell’intento di raffreddare stabilmente i reattori 1, 2 e 3 e di ridurre di due milionesimi la quantità  di sostanze radioattive emesse. Ma Hosono ha ammesso che i risultati prefissati per questa prima fase «non sono stati raggiunti al 100%». Rimane, infatti, ancora la necessità  di trovare un sistema per impedire in modo definitivo la fuoriuscita di acqua contaminata e le infiltrazioni nel terreno. Il governo deve anche fare i conti con il continuo rinvenimento nella prefettura di «hot spots», punti in cui la concentrazione di sostanze radioattive – con tempi di dimezzamento fino a 30 anni nel caso del cesio 137 – è particolarmente alta.
Le esplosioni avvenute il 14 e il 15 marzo sembrano essere la causa principale dell’accumulo nel suolo della regione di Fukushima di materiali radioattivi, la cui distribuzione è difficile da prevedere poiché varia in base a fattori come la direzione dei venti al momento dell’esplosione o la composizione del terreno. Nonostante siano passati mesi dall’incidente, questa settimana altre 59 della città  di Minami Soma – a circa 40 km a nord dalla centrale – sono state «invitate» a evacuare perché la quantità  di radiazioni è superiore ai 20 millisievert l’anno, il limite massimo imposto dalle autorità . A gettare ombra sulla gestione della crisi, si sono aggiunti i problemi causati dalla mancanza di controlli sulla vendita di carne bovina contaminata proveniente dalla prefettura Fukushima. Secondo un’inchiesta dell’agenzia di stampa Kyodo, infatti, un totale di 1349 mucche sospette di essere state nutrite con mangime radioattivo sono state distribuite in 45 prefetture su 47 e le autorità  non escludono che della carne contaminata sia stata venduta all’estero.
Fattosi portavoce del governo, il ministro per la crisi nucleare ha ribadito la necessità  di «riflettere» sugli errori commessi ma l’esame di coscienza pubblico fatto da Hosono avviene in un momento delicato per il governo di Naoto Kan, il cui indice di gradimento è sceso a meno del 20%. Secondo quanto rivelato di recente dal segretario generale del partito democratico in un programma della televisione Fuji, il primo ministro Kan potrebbe rassegnare le dimissioni alla fine di agosto. Ma anche nel caso in cui venisse eletto un nuovo premier, Hosono ha assicurato che i piani per rendere gradualmente il Giappone indipendente dall’energia nucleare rimarrebbero invariati.


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