“Non faceva sconti a nessuno né ai politici né ai magistrati”

by Sergio Segio | 31 Luglio 2011 8:11

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ROMA – L’ha saputo da un collega per telefono che D’Avanzo non c’era più. E non voleva crederci. Ora ne parla con la commozione contenuta che un uomo può avere. D’Avanzo e Giuseppe Cascini, oggi segretario dell’Anm, si sono conosciuti ai tempi della Bicamerale. «Iniziò un confronto fatto di lunghe e appassionate chiacchierate sulla giustizia e sul suo rapporto con la politica e l’informazione. Negli anni siamo diventati amici, mantenendo una consuetudine di frequentazione che per me è stata una grande ricchezza».
Non teme, svelandolo, che a destra ne approfittino per speculare sullo stretto legame tra una toga e un giornalista?
«D’Avanzo era un giornalista vero, come purtroppo ce ne sono pochi in Italia. Compiacenza e piaggeria gli erano del tutto estranei. Peppe non amava le verità  ufficiali e cercava sempre di capire, con rigore e intransigenza, quello che c’era “dietro”. Non faceva sconti a nessuno. Né alla politica, alle forze di polizia, ai servizi segreti. E tantomeno alla magistratura».
Cosa cercava D’Avanzo?
«Interpretava fino in fondo il ruolo di giornalista come cane da guardia del potere. Era un critico feroce dei comportamenti opachi, compromissori o tartufeschi di chi comanda in Italia».
Mai deluso per un articolo o un ammorbidimento?
«Aveva coerenza e il rigore morale. Ai limiti dell’intransigenza. Per le quali ha certamente pagato prezzi anche professionali. Ma anche un’intelligenza lucida e appassionata, e il bisogno di andare fino in fondo, e d’interrogarsi criticamente. Sono queste le cose che apprezzavo di più in lui».
Le agenzie non documentano condoglianze del premier. Per il quale era fazioso e prevenuto. Era questo D’Avanzo?
«Peppe era uno dei più esperti giornalisti sui temi giudiziari. Sempre preparato e informato. Ma non era tenero nemmeno con i magistrati, a cui sovente addebitava connivenze, ritardi o ambiguità . Anche sul tema del rapporto tra magistratura e politica non ha mai avuto posizioni acritiche o faziose, ma si è sempre interrogato sulla complessità  delle vicende che negli ultimi anni hanno coinvolto le istituzioni italiane».
Le mancherà  la consuetudine di un piatto di pasta un paio di volte al mese per capire dove va il Paese?
«Moltissimo. L’Italia ha perso un grande giornalista, un eroe borghese. E io ho perso un amico».

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