Raid Nato in Afghanistan ancora una strage di bambini

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Otto bambini e quattro donne: sono le vittime del nuovo, “increscioso errore” compiuto da un raid aereo della Nato, come dice il portavoce del comando alleato in Afghanistan prima di promettere una inchiesta sull’accaduto. La trama è ormai familiare in quell’aspro campo di battaglia, insanguinato più dalle morti dei civili che dei militari, secondo l’Onu (più di 2700 uccisi nel 2010, in gran parte dagli stessi combattenti).
È il capo della polizia provinciale, Sardar Mohamad Zazai, a ricostruire la sfortunata vicenda: una pattuglia dell’Isaf – racconta Zazai – rastrella le terre impervie attorno a Khost, a caccia di un capo locale degli insorgenti. Da un punto imprecisato all’orizzonte, poco distante da una casupola, esplodono raffiche di fucili d’assalto e razzi all’indirizzo dei soldati. Una squadriglia di caccia della Nato si alza in volo, e sgancia sulla casupola il suo carico di ordigni. Sotto le macerie, restano corpi di donne e di bambini. «Erano membri di una famiglia di insorgenti», si scusa il portavoce del governatore di Khost, invocando una strage «involontaria», e lo dice anche per placare la protesta di centinaia, che sbarrano la strada da Khost verso la capitale Kabul.
Sono più o meno le stesse parole già  ascoltate il mattino, quando il governatore di un’altra provincia, quella di Ghazni, a Sud Est, si trova a dover giustificare la morte di altri due civili «abbattuti nel corso di un assalto condotto dalle forze straniere».
Stavolta la Nato ha preso di mira un uomo, avvistato mentre piazzava una bomba artigianale sul ciglio di una strada. «L’obiettivo era solo e soltanto quell’insorgente», informa un comunicato. «Però, l’Isaf prende sul serio le accuse riguardo ai morti civili e, insieme con il governo afgano, s’impegna per fornire una risposta».
Quell’espressione, «insieme con il governo afgano», non suona rassicurante all’orecchio di molti. Non solo perché il presidente, Hamid Karzai, è sommamente impopolare, nonostante cerchi di riguadagnare consensi, biasimando gli «errori» degli alleati occidentali. Già  in maggio Karzai aveva inviato «un ultimo avvertimento» alla Nato. Ma anche perché il governo centrale continua a perdere colpi. Infatti, allo scandalo della Kabul Bank, coi prestiti generosi e gratuiti alla cerchia del presidente, s’è aggiunta la crisi costituzionale dopo la denuncia dell’inattendibilità  dell’ultimo scrutinio parlamentare. In più, né l’esercito afgano, né la Nato hanno spento la ribellione dei Taliban e di altri fondamentalisti nelle terre Pashtun. E quando gli americani si ritireranno, entro due anni o poco più, lasceranno un esercito locale per l’86 per cento analfabeta, poco addestrato, dotato solo di armi leggere, e dedito al consumo di eroina. Forse non sorprende che gli afgani non vogliano rischiare la vita per tutto questo.


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