Retata a Teheran, in cella registe e intellettuali

by Sergio Segio | 4 Luglio 2011 6:24

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Risultato: una nuova stretta su chiunque sia percepito come una minaccia nella Repubblica Islamica. E ancora una volta le donne sono tra le prime a pagare. Negli ultimi giorni, il tam tam dell’opposizione ha segnalato l’arresto di tre di loro, schierate in campi diversi nella difesa dei diritti del loro sesso: la regista Mahnaz Mohammadi, la fotografa Maryam Majd e la giornalista Zahra Yazdani sono state prelevate e trascinate a Evin, il carcere più tristemente noto di Teheran. Nessuna spiegazione sul crimine loro imputato, nessun commento delle autorità , nessun contatto con le famiglie. Ma in fondo questo non sorprende in Iran.
 Anche le retate tra artisti, accanto a quelle più «ovvie» tra attivisti e politici, sono un copione già  visto: basti pensare al regista Jafar Panahi, in carcere da sei mesi, o all’attrice iraniana più conosciuta, Golshifteh Farahani, scappata in extremis a Parigi per evitare l’arresto. Proprio con Panahi, Mahnaz Mohammadi, 37 anni, era già  stata arrestata nel 2009 mentre deponeva dei fiori sulla tomba di Neda, la martire icona dell’Onda Verde.
Lo scorso maggio l’autrice del documentario pluripremiato «Donne senza ombra» avrebbe dovuto partecipare al Festival di Cannes come attrice in «Nozze effimere» di Reza Sarkian. Ma il passaporto le era stato confiscato: un primo avvertimento. Maryam Majd, 25 anni, lavora da anni sulle donne e lo sport: ha sostenuto il loro diritto di andare allo stadio, era in partenza per la Germania per fare un libro sull’argomento con l’ex calciatrice tedesca Petra Landers. Non è partita. Zahra Yadani, giornalista di questioni economiche e sociali, è sparita senza perché: al suo giornale Asr-e Eghtesad l’hanno attesa invano.
Da metà  maggio resta poi in carcere la femminista Maryam Bahrman, arrestata a Shiraz poco dopo il ritorno da una conferenza sulle donne a New York. Quattro nomi per la cui liberazione lanciano ora appelli i governi di Londra e Washington, molti politici e organizzazioni internazionali, l’opposizione interna e la diaspora iraniane. Una petizione è reperibile su Internet. «Ma la lista degli ultimi arresti è molto più lunga — dice Mahmood Amiry-Moghaddam, di Iran Human Rights —, la repressione sta peggiorando sensibilmente, di pari passo con l’indebolirsi della Guida Suprema. Anche le esecuzioni sono aumentate: 403 nel 2009, 546 nel 2010, in questa metà  anno già  oltre 300, senza contare quelle “segrete”» .
Per l’attivista iraniano in esilio, per la prima volta la Guida Suprema, a cui spetta ogni potere compreso quello di ordinare gli arresti, vede la propria autorità  minacciata al punto da «doversi comportare come un dittatore qualsiasi, indebolendosi ulteriormente» . Il successore di Khomeini «pensava di rafforzare il regime rimuovendo gli elementi meno omogenei, come Rasfanjani, Karrubi, Moussavi. Ma questi si sono più o meno schierati con l’opposizione, poi sono arrivate le proteste del 2009» .
Il tabù di opporsi alla Guida è stato quindi infranto perfino da Ahmadinejad che da mesi osa disobbedirle imponendo uomini suoi al governo. E poi c’è paura del contagio della Primavera Araba, l’insicurezza per le elezioni politiche del 2011 e per quelle presidenziali che potrebbero essere anticipate. Una situazione complicata e dagli esiti poco chiari. L’unica certezza è che la repressione continua a crescere.

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