Sanatoria truffa, il Tribunale dice “sì” alla class action contro il ministero

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MILANO – Una class action contro il ministero degli Interni: potranno farla i migranti che hanno perso il lavoro dopo che la loro domanda di regolarizzazione è stata respinta perché avevano subito una doppia espulsione. È quanto emerge dalla sentenza depositata ieri dal giudice Silvia Ravazzoni, del tribunale del lavoro di Milano, che ha accolto il ricorso per discriminazione contro il Viminale presentato da Mahadi Hammami, immigrato egiziano. Nel settembre 2009, in occasione della sanatoria per colf e badanti, Hammami aveva chiesto il permesso di soggiorno. Richiesta respinta in quanto era stato condannato, qualche anno prima, per non aver obbedito all’ordine di espulsione del Questore. “Nel caso di Hammami il risarcimento non ci sarà  perché non è riuscito a provare che abbia perso il lavoro -spiega Alberto Guariso, presidente di Avvocati per niente, associazione che insieme a Cgil, Cisl, Uil di Milano, Arci e Comunità  Nuova hanno sostenuto la causa dell’immigrato-, ma il giudice ha riconosciuto che di diritto è possibile chiederlo”. Quindi è una sentenza, quella depositata ieri dal giudice, che apre la strada agli altri immigrati.

Il caso Hammami nasce all’indomani della sanatoria per colf e badanti. Tra le circa 300mila domande presentate, ce ne sono migliaia di immigrati che, negli anni precedenti, hanno ricevuto l’ordine di espulsione. Tra questi, molti, fermati una seconda volta dalla forze dell’ordine, sono stati condannati per “mancata ottemperanza all’ordine di espulsione” (da 1 a 4 anni di carcere). Hammami è uno di questi. Il problema nasce quando il Governo decide di concedere la regolarizzazione solo agli espulsi non condannati, mentre la nega a quelli condannati. Il 28 aprile la Corte di giustizia europea ha stabilito che il reato per cui era stato perseguito anche Hammami è contrario ai diritti umani. Il Governo per due mesi tentenna, non fornisce nuove disposizioni alle Questure. Il 24 maggio emana la circolare 3958/2011 che dispone che il permesso di soggiorno va concesso anche agli espulsi-condannati, ma appena 24 ore dopo ne emana un’altra (la n. 4027/2011) che sospende quella del giorno prima.

Il giudice di Milano ha stabilito che il ministero degli Interni ha tenuto un comportamento discriminatorio, in quanto ha riservato agli immigrati espulsi-condannati “un trattamento meno favorevole” che “impedisce allo straniero di pervenire ad una condizione di parità  cui avrebbe diritto”. Una condizione di parità  sancita dalla sentenza della Corte di giustizia europea.
L’odissea per gli immigrati con la doppia espulsione non è comunque finita. Il 5 luglio, infatti, il Viminale ha emanato una nuova circolare in cui riconosce anche a loro la possibilità  di vedere accolta la domanda di sanatoria (presentata nel 2009). Ma verranno riesaminate solo le pratiche ancora aperte, quelle chiuse definitivamente saranno prese in considerazione solo se il datore di lavoro lo chiederà . (dp)

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