Tangentopoli di Sesto “Un architetto mediatore per i soldi ai politici”

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MILANO – A Sesto San Giovanni i personaggi importanti sono tre: «Oldrini (il sindaco, ndr) Bertoli (l’attuale direttore generale del Comune, ma anche all’epoca di Penati, ndr) e Di Leva (il dimissionato assessore all’Edilizia del Psi, ndr)». Sono loro a garantire gli affari, e «sono indispensabili per raggiungere qualsiasi obiettivo». In uno dei tanti verbali che l’imprenditore Piero Di Caterina ha reso dall’estate 2010, prima ai pm di Milano e poi a quelli di Monza, ecco svelarsi il «Sistema Sesto». Variazioni al piano regolatore, pratiche negli uffici dell’Urbanistica, erano uno scherzo. Ovviamente, secondo l’accusa, bastava pagare. Il ruolo centrale di Filippo Penati, ex vice presidente regionale del Pd, non sembra insomma essere stato isolato. Oltre alle parole di due imprenditori «pentiti» (Di Caterina e Giuseppe Pasini), a lanciare pesanti ombre sulla «cricca» che almeno da 15 anni sembra aver gestito il business del mattone nell’ex Stalingrado d’Italia, ora ci sono anche i racconti di due architetti.
[“l’architetto con tanto contante in tasca”]
Due giovani professionisti sestesi, sentiti come testimoni nel marzo scorso, hanno raccontato come il fulcro di questa storia di tangenti passi anche per lo studio dell’architetto Marco Magni, ora indagato per diversi episodi di corruzione e longa manus dell’assessore Di Leva. «Aveva sempre una disponibilità  di contanti di grande taglio, soprattutto da 500 euro», hanno ricordato i due, fino a pochi mesi prima collaboratori dello stesso studio Magni. «Poi, però, quando ci siamo messi in proprio, le pratiche urbanistiche hanno iniziato a subire strani ritardi». I giovani architetti hanno indicato a verbale anche quattro casi sospetti, seguiti dall’architetto, su cui erano state variate le destinazioni d’uso. In un’area di Sesto, vicina a una proprietà  delle Ferrovie, era stata resa edificabile una zona, secondo le loro parole, «senza che ci fosse stato il necessario via libera delle stesse Fs». E hanno anche parlato delle due società  svizzere e inglese, a cui si appoggiava il loro ex principale, «per strane consulenze»: la Getraco e la Shorelake.
[“consulenze per creare fondi neri”]
Proprio Di Caterina spiega nel dettaglio come Magni utilizzasse la sponda estera per creare fondi extrabilancio. Il proprietario della Caronte srl, per esempio, cita l’investimento in «Domus 4». «L’intervento era di modesta entità , ha riguardato la costruzione di 10 appartamenti e si è concluso l’anno scorso (2010, ndr)». In questo caso, la sua società  «ha versato a Magni 100 mila euro, ma ignoro il modo in cui e se li abbia girati a Di Leva». Di Caterina rincara la dose sul ruolo dell’architetto. «Con riferimento allo stabile realizzato in viale Gramsci, sede della Banca di Credito Cooperativo di Sesto, Magni mi confidò di avere dovuto pagare attraverso la società  Shorelake e la Getraco. Lui pagava la fornitura di progetti spediti in Inghilterra e rigirati da lui stesso». D’altronde il legame tra Magni e l’assessore Di Leva pare essere molto stretto: la figlia Tania Di Leva lavora proprio nello studio del professionista sestese.
[“tangenti mascherate da oneri”]
Di Caterina è sicuro quando ricorda come «Magni in più occasioni mi ha detto che sugli interventi edilizi da lui progettati venivano pagati corrispettivi all’assessore Di Leva». Il denaro veniva mascherato con la «formula degli oneri conglobati, lui mi ha detto che servivano per “fare girare la macchina”». Di Caterina ricorda almeno due progetti in cui attraverso la schermata degli «oneri», ha versato denaro a Magni, «ma ignoro che sorte il denaro abbia avuto». Per lo sfruttamento dell’ex area Falck, Di Caterina racconta che era sempre l’assessore Di Leva a chiedere denaro agli imprenditori interessati al progetto e al via libera comunale ai lavori. Il denaro, secondo la versione dell’assessore della giunta guidata da Oldrini, «mi disse che aveva necessità  di 1,5 milioni di euro per fare fronte alle difficoltà  finanziarie della Pro Sesto (la squadra di calcio cittadina, ndr) e di due giornali locali, la Gazzetta e il Diario». Sembra che spesso le pretese di denaro in nero siano usate dai politici locali per alimentare attività  che, in qualche modo, aumentano il consenso verso la classe politica. «Nel 2005 – spiega ancora Di Caterina – Di Leva mi chiamò nel suo ufficio dicendomi che dovevamo creare una società  sul territorio per procurare opportunità  di lavoro ai giovani e che avrebbe pensato lui a fare avere delle società  delle commesse importanti, in special modo dal centro commerciale Vulcano, da A2A e dal gruppo Zunino».


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