Un sigillo non si nega a nessuno

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 ROMA.Un semplice passaggio di testimone cui non seguirà  alcun cambio di passo. Al Dicastero di via Arenula, Francesco Nitto Palma – nominato ieri Guardasigilli dal Presidente Napolitano al posto di Angelino Alfano e su proposta del Presidente del Consiglio – arriva proprio alla vigilia del voto sul processo lungo, l’ennesimo provvedimento salva-Berlusconi che difficilmente incontrerà  l’ostilità  del neo-ministro.

Arriva in un momento delicato Nitto Palma, proprio quando è sulla giustizia che si va facendo più acceso lo scontro tra maggioranza e opposizione e tra politica e magistratura.
Così che se da un lato il Pd chiede all’ex sottosegretario agli Interni di presentarsi già  da oggi al Senato per rendere pubblica la sua opinione sul processo lungo, dall’altro formale e sin troppo controllata appare la reazione di Luca Palamara, presidente dell’Anm: «Con il nuovo ministro ci relazioneremo dal punto di vista istituzionale come accaduto in questi anni». Punto. Anche se poi Palamara aggiunge: «Abbiamo più volte espresso l’esigenza di far svolgere i processi in tempi ragionevoli e il nuovo provvedimento di certo non realizza questo».
Insomma sarà  il «processo lungo»il primo scoglio che il neoministro – grande amico di Cesare Previti – dovrà  affrontare e sono in molti ad attenderlo al varco. Primo fra tutti il responsabile giustizia del Pd, Andrea Orlando, che a Nitto Palma «fa gli auguri» ma poi «si augura» che il suo primo atto sia quello di fermare «questa legge obbrobriosa»: «Spero – dice – che il cambio alla guida del dicastero implichi un radicale cambio di agenda».
Una speranza non condivisa da Massimo Donadi dell’Idv: «Con la nomina a ministro della Giustizia di Nitto Palma, che negli anni passati lasciò traccia di sè in Parlamento solo per essersi reso promotore di alcune norme ad personam a tutela di Cesare Previti (ex Legge Cirielli, ndr.) possiamo dire che, per quanto riguarda la giustizia, il centrodestra continua a percorrere la solita strada. Con lui o con Alfano non cambia nulla a Via Arenula. Una nomina in assoluta coerenza con chi lo ha preceduto».
E infatti il centrodestra appare più che soddisfatto. Bene la nomina di Nitto Palma alla giustizia e bene quella alle politiche comunitarie di Anna Maria Bernini, vice portavoce del Pdl, che prende il posto lasciato vacante dal finiano Andrea Ronchi.
«Due nomine di alto profilo – afferma il capogruppo Pdl Marco Reguzzoni – che consentiranno al governo di proseguire nell’azione riformatrice di questo Paese». Una scelta che dimostra la solidità  di questa maggioranza, sentenzia Lupi.
Ma la scena di ieri – nonostante le nomine e il rimpastino – è tutta per Angelino Alfano che ieri ha rassegnato le sue dimissioni (formalizzate in giornata da Giorgio Napolitano) dall’incarico nel governo perché incompatibile con quello di neosegretario del Pdl. Un gesto «di grande sensibilità  istituzionale» che colpisce molto Maria Stella Gelmini: «Con le dimissioni dalla carica di Ministro della Giustizia Angelino Alfano ha dato una lezione di stile a tutto il mondo politico». Dello stesso tono tutti i commenti di casa Pdl, da Giorgia Meloni a Maurizio Gasparri.
La maggioranza sarà  pur solida ma il vento gira e a prendere il largo è il giovane Angelino le cui lodi conviene da subito cominciare a tessere per rimanere a galla mentre Berlusconi – come scrive il Financial Time – sfuma nell’ombra.
Nel frattempo però toccherà  al premier – quasi certamente oggi in Consiglio dei Ministri – rispondere alle preoccupazioni espresse da Napolitano sul decentramento voluto dalla Lega di alcuni uffici ministeriali al nord. Una questione che nell’incontro di ieri al Quirinale pare sia stata solo accennata ma alla quale Berlusconi ormai è costretto a rispondere. Fosse anche il suo ultimo atto prima di lasciare definitivamente il testimone ad Angelino Alfano. Questo il vero rimpasto.


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