Voleva morire per evitare le nozze “Ma ora sposerà  chi diciamo noi”

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BOLOGNA – Ora dicono in famiglia che Nura, sedici anni, ha cambiato idea e sposerà  il parente pachistano che non voleva. Chissà  se è vero, magari lo fa solo credere, mentre è ancora in ospedale debilitata, si alimenta a fatica, non ha più i suoi lunghissimi capelli neri. I medici della Pediatria del Policlinico Sant’Orsola cercano di evitarle un’operazione all’esofago, ustionato dall’acido muriatico che ha bevuto nel bagno di casa, tentando di uccidersi dopo essere stata scoperta a parlare con un pachistano che non era il suo promesso sposo. «Lei ora sta bene, è solo un po’ pazza, il suicidio l’ha tentato più volte – racconta il fratello di 18 anni che l’ha schiaffeggiata e poi rincorsa in bagno strappandole la bottiglia di veleno dalle mani – Ha bevuto due gocce, io mi sono ustionato al piede. L’ho picchiata perché non mi ha detto chi è il ragazzo con cui parlava al telefono per la quinta volta. Lei è fidanzata in Pakistan da quando aveva 14 anni, lo so da un anno che non ne vuol sapere e le ho anche assicurato che l’avrei aiutata, ma ora deve stare buona, è troppo piccola. Da noi i matrimoni li decide la famiglia. Anch’io mi sono sposato l’altro giorno con una ragazza che sta in Pakistan. L’ho vista una sola volta in fotografia».
La pm Alessandra Serra ha aperto un’inchiesta per ora contro ignoti: istigazione al suicidio, reato al quale verranno aggiunti i maltrattamenti e la violenza privata. Il ministro per le Pari opportunità  Mara Carfagna è intervenuta dicendo che questa «è una nuova, triste storia di mancata integrazione. Una storia che poteva essere risolta molto prima, rivolgendosi alla polizia e sporgendo denuncia». La polizia in quella casa c’era già  stata: «È venuta quattro volte – ricorda il fratello di Nura – chiamata dai vicini quando mio padre ci picchiava. Nostro padre picchiava Nura per esempio se ritardava sul lavoro e anche noi fratelli. Picchiava tutti». Però nessuno ha fatto denuncia: «A me l’ha chiesto la polizia, ma non ho denunciato mio padre. E Nura ha chiesto scusa». Lei a voi? «Non è giusto picchiarla, però lei si arrabbia e reagisce in quel modo».
Sembra che in quella casa non sia successo niente, nonostante il Tribunale dei minori impedisca contatti del fratello e del padre con Nura, senza la presenza degli assistenti sociali. La madre torna dall’ospedale, nella tranquilla via di un quartiere di Bologna, dove da tempo i vicini hanno sentito urla e rumori provenire dall’abitazione al piano seminterrato di questa famiglia. La donna in sari non parla l’italiano, spiega con l’aiuto del figlio di tredici anni di aver convinto la figlia: «Nel suo cuore è rimasto quello sposo promesso. In Pakistan funziona così. I gesti contro se stessa, con il coltello o l’acido, li ha imparati dalle zie in Pakistan. Anche loro lo fanno sempre». Il padre si difende, smentisce i figli: «Picchiato i miei ragazzi? Mai, ho solo urlato – dice davanti al suo banco di frutta su un furgone – Mia figlia non l’ho mai costretta a sposarsi, l’hanno deciso le donne. Non ho mai saputo che lei non voleva quel fidanzamento e quando ha bevuto l’acido non c’ero. Può fare quello che vuole». Non è proprio l’idea che hanno gli inquirenti.


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