Yacht in cambio di nomine e appalti su Milanese arriva una nuova tegola

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ROMA – Prima Napoli. Ora Roma. In meno di ventiquattro ore, su Marco Milanese si chiude il secondo braccio della tenaglia giudiziaria che lo ha stritolato. Il gip di Roma, Anna Maria Fattori, su richiesta del pm Paolo Ielo, contesta all’ex consigliere politico di Tremonti un nuovo reato: finanziamento illecito dei partiti. Lo stesso per il quale ordina la cattura degli “imprenditori” Tommaso Di Lernia e Massimo De Cesare (il primo era già  detenuto nell’inchiesta sugli appalti Enav, il secondo è da ieri sera ai domiciliari) e di cui sono accusati a piede libero Fabrizio Testa, ex manager pubblico (è stato nel cda di Enav e quindi presidente della controllata “Technosky”) e Lorenzo Cola, “consigliere globale di Finmeccanica”, protesi del suo presidente Pier Francesco Guarguaglini, già  detenuto lo scorso anno nella vicenda dei fondi neri “Digint”.
E’ una storia – come documentano le 33 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare – esemplare del sistema degli appalti e delle nomine nelle società  a partecipazione pubblica. Nella quale «la prova è raggiunta, perché piena», su cui Milanese ha ritenuto di non dover rispondere, un mese fa, alle domande del pm e per la quale, dunque, la Procura si prepara a disporre il giudizio a citazione diretta (Milanese verrà  processato in autunno da un giudice monocratico). Ed è una storia che gira intorno ad un magnifico yacht, un “Dolphin 64” di 20 metri della Mochi Craft, che Milanese possiede ma non è in grado di pagare. Del quale, come gli accade con le fuoriserie che cambia con la frequenza delle scarpe (Bentley, Ferrari, Aston Martin), decide dunque di liberarsi, accollandone però il costo ad altri e per giunta facendoci sopra una bella “cresta” da 224 mila euro. Anche perché, ha gioco facile nel farlo, visto che, come uno sciame d’api sul miele, gli corre in soccorso una variopinta comitiva di giro, che della sua benevolenza e del suo potere di interferenza sulle società  a partecipazione pubblica ha bisogno come l’aria. Un manager che orbita nella destra sociale di Alemanno e questua una nomina in una società  controllata da Enav (Testa); due “imprenditori” rotti al giochino delle sovrafatturazioni, delle provviste nere e inseriti stabilmente nel Sistema degli appalti Enav (Di Lernia e il suo factotutm De Cesare), un’eminenza grigia di “Finmeccanica” che chiamano “il generale” (Cola).
Lo yacht, dunque. Milanese lo acquista di seconda mano nel giugno 2009, accollandosi dal vecchio proprietario un leasing di 1 milione e 97 mila euro. E’ un giocattolo che, solo di rata mensile, costa dunque 20 mila euro. E che l’ex ufficiale della Finanza, che in carriera ha collezionato encomi come figurine, non ha, o non ha intenzione di spendere. Per la barca, infatti, dalle tasche dello “scapocchione fortunato” (così lo chiama Paolo Viscione, imprenditore cui munge nel tempo “una milionata” di euro in regalie e contanti) escono solo 1.200 euro, il costo della pratica di cessione del leasing. Non paga le rate, infatti. Accumula interessi di mora. E finisce con il bordeggiare sul “Dolphin” una sola estate. Finché, a dicembre 2009, segnala a Viscione di «trovarsi in imbarazzo». Insomma, dice ai pm, l’imprenditore, «mi voleva rifilare la barca». E’ troppo anche per lui.
Viscione trova il modo di mollare “il pacco” ad altri. Gianni Sidoti, suo socio, ha infatti per le mani un tipo che può «risolvere il problema» e «trovare un compratore» che tolga Milanese «dall’imbarazzo». Si chiama Fabrizio Testa, conosce Sidoti perché vivono nello stesso quartiere residenziale tra Roma e il mare (Casalpalocco) ed ha un problema. E’ stato fatto fuori dal cda di Enav («dove – racconta al pm – ero stato nominato in quota Destra sociale») per i suoi dissidi con il presidente Guido Pugliesi. Ha cercato la «sponsorizzazione» di Gianni Alemanno, sindaco di Roma, per un nuovo incarico, ma non è bastata. Si offre dunque lui per mediare la vendita, perché, spiega ancora al pm, «favorendo Milanese, cercavo una protezione politica di un deputato che si interessava alle nomine in Enav». Testa, grazie al sapiente consiglio di Cola, trova rapidamente i compratori. Di Lernia e la sua protesi De Cesare, due “imprenditori”, chiamiamoli così (Di Lernia campa di fondi neri e già  finanzia “L’Officina delle libertà ” di Aldo Brancher, deputato Pdl condannato in appello a due anni per ricettazione nella vicenda Antonveneta), che di uno yacht non sanno che farsene. Ma che di Milanese e di un manager di Enav, sanno sì che farsene, visto che la Di Lernia vive dei subappalti di Selex, principale beneficiaria di appalti dell’Ente a trattativa diretta. Il “Dolphin” viene quindi acquistato a cifre da capestro. Il valore non supera i 700 mila euro, ma Milanese lo piazza a 1 milione e mezzo. Una cifra in cui c’è il valore residuo del leasing, caricato dagli interessi di mora (1 milione 318 mila e 500 euro) per le rate scadute (220 mila euro) che Milanese non ha mai pagato e che pure Di Lernia, al momento del contratto, gli ha anticipato in contanti.
Milanese è finalmente «libero dell’imbarazzo». Testa viene nominato presidente di Technosky (controllata Enav), da cui sarà  allontanato nell’estate 2010 dopo un audit interno. Di Lernia può continuare a campare dei subappalti Selex. Per la legge, «è finanziamento illecito a un parlamentare». Da sei mesi a 4 anni di reclusione.


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