Anche Zapatero cede al diktat dei mercati

by Sergio Segio | 31 Agosto 2011 7:44

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 MADRID.L’intesa fra socialisti e popolari ha retto alla prova: la Spagna è vicina ad avere il pareggio del bilancio scritto nella Costituzione. Il Congreso (la camera bassa) ha dato ieri il primo via libera alla riforma «calma-mercati» con una schiacciante maggioranza formata da Psoe, Pp e dai due rappresentanti regionalisti navarri di centrodestra. Alla vigilia non mancavano le incertezze: nelle file del partito di Zapatero serpeggiava dissenso nei confronti di una norma voluta dal presidente senza consultare nessuno. Alla fine, solo un deputato ha deciso di «rompere la disciplina del gruppo». Con le elezioni anticipate alle porte, chi aspira ad essere riconfermato nella liste non può prendersi troppe libertà : è la politica, bellezza. Con questi numeri (318 sì, 16 no e 12 tra astensioni e non partecipanti al voto), la richiesta di referendum avanzata da Izquierda Unida e dagli altri partiti di opposizione è destinata a restare lettera morta: servono, infatti, trentacinque firme.

Nonostante le proteste del movimento degli indignados e le decine di migliaia di cittadini che stanno sottoscrivendo una petizione online pro-referendum, l’unica opinione che sembra importare qualcosa ai due grandi partiti è quella dei «mercati». «Se introduciamo il pareggio di bilancio nella Carta magna è per dare loro un segnale di sicurezza e coesione: il referendum significherebbe, invece, trasmettere incertezza», sostiene la dirigenza socialista. L’argomento ha fatto evidentemente breccia fra i malpancisti del partito. Una linea della «responsabilità » che incontra l’appoggio dell’influente quotidiano El Paà­s, ultimamente non tenero nei confronti di Zapatero e compagni. Nell’editoriale dell’edizione di ieri, metteva in guardia addirittura dagli effetti nefasti che potrebbero derivare dalla «semplice possibilità » che abbia luogo la consultazione popolare. Insomma: non solo il referendum non s’ha da fare, ma non se ne deve nemmeno parlare, altrimenti «i mercati» si agitano e sono dolori.
L’opposizione al pensiero unico «responsabile», tuttavia, non si lascia impressionare. E cresce. Dopo iniziali titubanze, anche il sindacato affine al Psoe, la Unià³n General de Trabajadores, è ormai parte integrante dell’ampio movimento di opposizione alla «costituzionalizzazione del neoliberismo». Oltre alle organizzazioni dei lavoratori, ci sono associazioni studentesche e numerosi altri gruppi della società  civile. Tutti insieme hanno approntato un intenso calendario di iniziative, che culminerà  il prossimo 6 settembre in una manifestazione nazionale a Madrid, per dire no alla riforma e chiedere il referendum. La coincidenza con lo sciopero generale della Cgil offre, anche sul piano simbolico, l’occasione per avanzare nell’unificazione delle lotte su scala sovranazionale. In Spagna è più avvertita che nel nostro Paese l’urgenza di contrastare la modifica della Costituzione, ma non passa certo in secondo piano la denuncia delle recenti misure in materia di lavoro adottate dal Governo. Figlie, purtroppo, della stessa ideologia che muove – con ben altro furore – il nostro ministro Maurizio Sacconi.
Nel decreto approvato lo scorso 26 agosto, dedicato alla «promozione dell’impiego dei giovani», è contenuta una norma che la dice lunga sulla rotta intrapresa in questi ultimi mesi di vita dall’agonizzante esecutivo di Zapatero. Chiamando in causa le «circostanze eccezionali» in cui versa l’economia spagnola, viene «sospesa» la norma che impone la stabilizzazione del lavoratore che ha avuto per più di due anni contratti a tempo determinato con la stessa impresa. L’ennesimo sacrificio sull’altare dei «mercati». Che difficilmente, però, si placheranno. E allora toccherà  al probabile prossimo premier, il popolare Mariano Rajoy, portare a compimento il lavoro cominciato dai suoi avversari socialisti. Con la vittoria in tasca, affida all’autobiografia di prossima uscita l’annuncio delle sue intenzioni. Dalle anticipazioni consegnate alla stampa si evince che proporrà  «riforme contro l’eccessiva rigidità  del mercato del lavoro attuale». In arrivo un contratto nazionale snello, che stabilisca principi minimi, e poi spazio alla contrattazione aziendale. La notte, in Spagna, è appena cominciata.

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