Bruxelles incassa il colpo: “Spazio alla politica”

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ROMA – Il pragmatico Josè Barroso, presidente della Commissione Ue, giudica «importanti» le proposte franco-tedesche per creare un governo economico in grado di salvare l’euro. Sono un «contributo politico per rinforzare» la moneta unica. Piace la “golden rule” che impone di inserire in Costituzione l’obbligo di tenere i conti in ordine, così come piace la Tobin tax, vecchia idea dello stesso esecutivo comunitario. E Barroso, in un comunicato diramato in serata, loda anche il cuore dell’iniziativa Merkel-Sarkozy, ovvero l’intenzione di affidare ai capi di Stato e di governo la guida della divisa comune tramite l’Euro Council, consiglio dei leader della zona euro che nelle intenzioni dei due si riunirà  periodicamente: «Queste riunioni con un presidente a tempo pieno aiuteranno a dare una leadership politica più stabile e forte». È quasi una resa di Bruxelles di fronte allo strapotere di Parigi e Berlino che rischia di marginalizzare il già  debole ruolo della Commissione in favore dei governi, più inclini a piegare le regole a seconda delle necessità  politiche contingenti.
Nei piani alti del palazzo Berlaymont, sede della Commissione, la conferenza di Parigi viene seguita con grande attenzione. Poi le consultazioni febbrili dei super-tecnici agli ordini di Barroso e del commissario agli Affari economici Olli Rehn. Le prime reazioni sono generiche e a domanda su come l’Euro Council si intersecherà  con i poteri della Commissione la risposta di un funzionario di rango è questa: «La lezione degli ultimi anni è che quando sei in emergenza devono essere i governi a prendere l’iniziativa ed è quello che stanno facendo». Poi le parole di Barroso che stridono con quanto accaduto all’indomani della prima ondata della crisi planetaria, quella del 2008, quando era stata Bruxelles a proporre un ambizioso piano per un nuovo governo economico dell’euro poi smontato dai governi, gelosi dei loro poteri. Al momento l’unica consolazione della Commissione è che «la proposta di Francia e Germania non è dettagliata, dobbiamo vedere alla fine cosa ci metteranno dentro e come uscirà  dalle consultazioni con gli altri Paesi». Insomma, Bruxelles fa buon visto a cattivo gioco plaudendo all’iniziativa franco-tedesca per poi cercare di recuperare terreno quando le regole andranno messe nero su bianco.
La posta in gioco è alta, come testimonia il vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani: «Non ho nulla contro l’approccio intergovernativo. Anzi, solo la politica può battere la speculazione, ma è chiaro che per fare politica serve che la Commissione mantenga un ruolo centrale, così come il Parlamento di Strasburgo». Al momento è cauta anche la Bce che – pur non venendo toccata dalla riforma scritta all’Eliseo (indipendenza e poteri dell’Eurotower sono garantiti dal suo statuto) – si riserva di capire se i nuovi equilibri immaginati dal duo Merkel-Sarkozy saranno efficaci. È invece scettico lo sherpa di un governo europeista: «Il segnale arrivato da Parigi è un passo avanti per rinforzare l’euro visto che qualcosa andava fatto, ma scordiamoci il sogno di un’Europa comunitaria perché i governi ormai hanno il sopravvento sulla Commissione, sempre di più segretariato tecnico delle capitali».
Chi non può essere felice della sortita franco-tedesca è il premier del Lussemburgo Jean-Claude Junker, presidente dell’Eurogruppo, il tavolo dei ministri delle Finanze della divisa comune, il cui ruolo verrà  offuscato dalle riunioni dei leader. Oltretutto Cancelliera e presidente come guida dell’Euro Council non hanno proposto lui – vecchia volpe dei vertici Ue – ma l’attuale presidente a tempo pieno dei summit europei Herman Van Rompuy, uomo considerato più malleabile.


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