Caro alloggi, la soluzione è la solita: una colata di cemento nei Territori

by Sergio Segio | 5 Agosto 2011 7:10

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 La Knesset ha approvato due giorni fa il piano casa che intende alleviare il caro alloggi ma il premier Netanyahu, che accusa di «populismo» gli indignados israeliani, gradisce di più la “soluzione” che gli hanno proposto ad inizio settimana 42 deputati: costruire migliaia di case nelle colonie ebraiche nei Territori palestinesi occupati.

Ieri il ministero dell’interno israeliano, guidato da Eli Yishai (uno stretto alleato di Netanyahu), ha dato luce verde alla costruzione di 930 nuovi alloggi nell’insediamento colonico di Har Homa, fra Gerusalemme Est e Betlemme. Una massiccia colata di cemento per assecondare il programma ideologico del governo di estrema destra che spende per i coloni nei Territori occupati e lascia risorse limitate alla popolazione di Israele più esposta alla crisi economica e al carovita. Le 930 abitazioni infatti andranno a formare quella che viene chiamata Har Homa C, a tutti gli effetti una nuova porzione della colonia originaria.
Har Homa con i costi ridotti delle case, i benefici garantiti dal governo agli insediamenti colonici e la breve distanza da Gerusalemme, potrebbe attirare centinaia di quelle famiglie israeliane alla disperata ricerca di appartamenti a prezzi inferiori di quelli di mercato.
L’ulteriore espansione dei piani di colonizzazione allontanano peraltro le residue possibilità  di una ripresa di contatti diretti con l’Autorità  Nazionale del presidente Abu Mazen. Appena qualche giorno fa indiscrezioni riferivano di una «proposta di compromesso» con i palestinesi che Netanyahu si preparerebbe a formulare per prevenire la proclamazione unilaterale d’indipendenza dello Stato di Palestina il mese prossimo all’Onu. Ma a Netanyahu, lo dicono i fatti, non interessa ritornare al tavolo delle trattative. Il suo vero obiettivo è insistere sulla colonizzazione in modo da rendere impossibile la nascita di uno Stato palestinese sovrano e omogeneo territorialmente.
Il clima intanto si surriscalda. Gaza, stretta nel blocco israeliano, nelle ultime ore è stata bersaglio di raid aerei che hanno preso di mira due presunte basi delle Brigate Ezzedin al Qassam, braccio armato di Hamas e un tunnel usato per il contrabbando sotto il confine tra la Striscia e l’Egitto. Israele afferma di aver reagito alla recente ripresa di lanci di razzi da Gaza che, almeno in un caso, sono caduti non lontano dalla città  di Ashkelon. Tuttavia, dicono fonti palestinesi, i razzi sono sparati intenzionalmente verso zone disabitate di Israele e avrebbero non tanto lo scopo di tenere sotto pressione lo Stato ebraico ma di provocare caos al fine di spingere Abu Mazen ad impegnarsi per rendere effettivo l’accordo di riconciliazione tra Fatah e Hamas firmato il 4 maggio al Cairo e rimasto sino ad oggi incagliato sullo scoglio della nomina del futuro primo ministro. Domenica, nella capitale egiziana, dovrebbe tenersi un nuovo incontro tra rappresentanti di Fatah e del movimento islamico palestinese.

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