Consumi fermi, in 17 regioni peggio del 2000

by Sergio Segio | 30 Agosto 2011 6:18

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ROMA – È un’Italia ferma a dieci anni fa e spaccata in due quella fotografata dall’ufficio studi di Confcommercio. Un’Italia che non consuma, o consuma poco e che sta rallentando la sua corsa verso l’uscita dalla crisi. Confcommercio infatti prevede che, di questo passo, alla fine dell’anno 17 regioni su 20 potrebbero tornare a un livello di consumi inferiore a quello del 2000. Solo Molise, Friuli Venezia Giulia e Basilicata spenderebbero qualcosa in più rispetto a undici anni fa. E al Sud questo rallentamento è ancora più evidente: nel 2007 il Mezzogiorno contribuiva ai consumi nazionali per il 27,2%, nel 2011 per il 26,6%. Una diminuzione più pesante nell’anno nero dell’economia, il 2009, in cui la Calabria ha tagliato i consumi del 4,2%, la Puglia del 3,6%, la Sicilia del 3,2% e la Campania del 3%. Anche se negli ultimi due anni le famiglie italiane hanno cercato di recuperare i livelli di consumo pre-crisi – la previsione è di chiudere il 2011 con un +0,8% – sono le prospettive di lungo periodo a preoccupare. Confcommercio ha infatti simulato una proiezione al 2017 e il ritardo rispetto al resto d’Italia potrebbe acuirsi, con un ulteriore calo del contributo del Mezzogiorno al 25% del totale nazionale. Complice anche il calo demografico nelle regioni meridionali, dove la quota della popolazione sul totale è sceso dal 36% circa del 1995 al 34,4% di quest’anno. Fenomeno che ha favorito una contrazione dei consumi anche nel 2010 e solo una lieve ripresa nel 2011, con un +0,6%, inferiore alla media italiana.
E il divario territoriale è amplificato dalla crescita dei consumi al Nord Est e al Nord Ovest (0,9% e +0,8%), quasi ai livelli pre-crisi, incrementando, seppur di poco il loro contributo alla quota nazionale di consumi. Quindi c’è poco da stare allegri, stando alle considerazioni finali di Confcommercio, che giustifica un peggioramento delle aspettative delle famiglie italiane, ” a meno che non si presentino nel prossimo futuro indizi di ricostruzione della fiducia e del benessere perduti durante la recessione e ancora oggi per nulla recuperati”.
Fiducia che gli italiani stanno perdendo. L’indice Istat che misura il clima di fiducia dei consumatori è infatti calato ad agosto a 100,3 da 103,7 di luglio. Gli italiani vedono nero, mai così nero da marzo 2009, sia sulla situazione economica del Paese, sia sul mercato dei beni durevoli. Sfiduciati anche sulle valutazioni presenti e future sul risparmio e le attese sull’evoluzione del Paese e del mercato del lavoro. Una traccia di ottimismo invece in merito alla propria situazione personale e al bilancio familiare. A stupire è che i peggiori livelli di fiducia siano stati rilevati soprattutto nel Nord Est. In questo clima di incertezza le associazioni dei consumatori e i commercianti temevano l’approvazione dell’aumento dell’Iva che avrebbe depresso ulteriormente i consumi. Primi tra tutti gli alimentari, che, come denuncia la Cia (Confederazione italiana agricoltori), che sono stati tagliati dalla spesa delle famiglie per un importo pari al 3,1% in un anno e del 6% dall’inizio della crisi.

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