Corno d’Africa, la catastrofe dilaga

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Si allarga a macchia d’olio la zona rossa dell’emergenza umanitaria dovuta alla carestia in Africa Orientale. Nonostante nelle ultime settimane l’attenzione della comunità  internazionale verso la più grave tragedia umanitaria in atto al mondo sia sensibilmente aumentata, oramai la macchina della carestia è entrata in funzione. E niente sembra in grado di arrestarla. Complici il clima e le difficoltà  di accesso per gli aiuti, le Nazioni Unite prevedono che la carestia andrà  avanti almeno fino al dicembre prossimo.

Al centro della crisi, è sempre più la Somalia. Un rapporto diffuso ieri dall’Unità  dell’Onu per la Sicurezza alimentare e l’analisi della malnutrizione in Somalia (Fsnau) ha reso noto che tre nuove aree meridionali del Paese sono ufficialmente entrate a far parte della mappa della carestia. Si tratta delle aree agro-pastorali di Balad e Cadale, della Middle Shabelle e dell’insediamento degli sfollati del corridoio di Afgoye. Anche in diverse zone di Mogadiscio si è cominciato a registrare un tasso di mortalità  e di malnutrizione davvero preoccupante. In pratica, prevede lo Fsnau, nel giro di quattro o al massimo sei settimane, tutta la Somalia meridionale sarà  risucchiata dall’emergenza carestia. Dei 3.7 milioni di persone bisognose di assistenza su tutto il territorio nazionale, 2.8 milioni abitano il Sud, e appena il venti per cento di loro sta ricevendo aiuti. Sono già  decine di migliaia gli abitanti di queste aree che hanno perso la vita negli ultimi tre mesi.

Particolarmente preoccupante è l’elevatissimo picco di mortalità  infantile, che in tutte le aree meridionali ha raggiunto la quota di oltre quattro morti ogni mille bambini, solo tra quelli sotto i cinque anni. Nella Lowel Shabelle, nel corridoio di Afgoye e a Mogadiscio, il tasso è arrivato a toccare il picco di 13 bambini ogni mille. Un tasso equivalente alla morte del dieci per cento dei bambini sotto i cinque anni ogni undici settimane. Altrettanto allarmante la mortalità  infantile registrata tra i somali presenti nel campo profughi di Dadaab, in Kenya, che è salita da 1.2 a 1.8 morti ogni mille bambini.

L’emergenza non trova pace nemmeno nei campi profughi. Almeno 1300 somali varcano ogni giorno la frontiera con il Kenya, finendo per stabilirsi nel campo di Dadaab, che oramai ospita oltre 400mila persone, un numero quattro volte superiore la sua capienza. Anche lì, le condizioni sono disperate, denuncia lo Fsnau, soprattutto per i nuovi arrivati che faticano a procurarsi cibo. Gli 800mila somali che dall’inizio della carestia hanno lasciato il Paese si sono riversati anche nei campi profughi allestiti in Etiopia. Grazie alla risposta all’emergenza arrivata nella regione di Gedo, si calcola che i profughi somali nel campo etiope di Dolo Ado siano scesi da oltre un migliaio a qualche centinaia.

La carestia provocata dalla siccità  sta colpendo tutta l’area del Corno d’Africa: una crisi durissima sta attraversando anche Kenya, Etiopia e Uganda. In quest’ultimo Stato, sono soprattutto gli 1,2 milioni di persone che vivono nella poverissima regione della Karamoja ad esserne particolarmente colpiti. Ma in questi Paesi, nonostante la gravità  della situazione, le proporzioni della tragedia non sono paragonabili a quanto sta avvenendo in Somalia. La causa dipende dall’uomo: la guerra che da vent’anni dilania il Paese è il principale motivo per cui i somali stanno subendo la più grave crisi umanitaria degli ultimi sessant’anni. L’instabilità  politica interna non sembra al momento trovare una via d’uscita: le milizie islamiche salafite degli Shabab controllano ancora il venti per cento della capitale. Per metà  agosto è stata fissata una conferenza delle Nazioni Unite a Mogadiscio in cui si esamineranno le risposte che il nuovo governo provvisorio dovrà  dare al Paese. Ma nel frattempo, avverte l’Onu, per scongiurare un’ulteriore aggravarsi della situazione e il totale collasso sociale, sarà  fondamentale una risposta massiccia della comunità  internazionale capace di intervenire a più livelli. Ora che la macchina della catastrofe umanitaria è entrata in funzione, arrivando ad abbracciare quasi tutto il Paese, sarà  fondamentale un’azione davvero energica sia nell’immediato che nel medio periodo.


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