Così l’esercito delle scope si è riappropriato della città 

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LONDRA — Hanno un nome: «Brooms army», l’esercito delle scope. E un obbiettivo dichiarato: «Dimostriamo a noi stessi e al mondo che esiste una Londra civile», si legge nelle migliaia di messaggini di appello per volontari diffusi su Twitter e nei siti locali. Due giorni fa hanno preso possesso dei quartieri più devastati della capitale con le loro brigate di militanti emerse dai fumi degli incendi appena spenti, attraverso il velo di sbigottito terrore che asserragliava la popolazione, forti e fieri, armati soltanto di scope e, i più organizzati, di guanti di gomma.
«Sono rimasta affascinata da questo guizzo morale di civiltà . Devo ammettere che lunedì e martedì ero come annichilita. Possibile che Londra, la mia città  di adozione da quasi sei anni, fosse diventata improvvisamente una giungla di bande criminali pronte a derubare, bruciare e vandalizzare in ogni momento? Poi ho visto l’esercito delle scope, la maggioranza silenziosa dei cittadini che non si lasciano mettere i piedi in testa. E non ho potuto fare altro che unirmi a loro», spiega Megan Ellis, 35enne immigrata nel 2005 dall’Australia, oggi maestra elementare, incontrata a Claphan Junction, uno dei quartieri nelle periferie sud della città  che lunedì notte era stato investito dalle violenze. Ieri era uno dei pochi volontari rimasti a spazzare la strada. China di fronte a una libreria dalle vetrate infrante si dava da fare con una scopa e un grosso sacco di plastica dove raccogliere rottami, schegge e ciò che resta dei cassonetti della spazzatura. Gran parte del quartiere, sebbene pesantemente danneggiato, è già  stato ripulito. Qui martedì pomeriggio era arrivato anche il sindaco di Londra, Boris Johnson, che con un gesto da sperimentato populista, dopo essere stato duramente criticato dai locali, specie i negozianti, per quella che accusano essere la «passività  criminale delle forze dell’ordine» di fronte ai saccheggi, si era impossessato con gesto repentino di una scopa dal lungo manico brandendola come un trofeo e scatenando l’applauso della piccola folla. «Grazie a tutti per essere scesi nelle strade con una scopa. Voi siete lo spirito più autentico della nostra comunità », ha gridato tra gli incitamenti e il consenso generale. Panifici e pasticcerie distribuiscono dolci ai volontari, privati passano per offrire bevande e sorrisi. Lo stesso avviene nelle zone di Hackney, Camden e Chalk Farm.
La mobilitazione corre sui messaggi rilanciati dai telefonini. «È la risposta a chi accusa le nuove tecnologie della comunicazione di essere complici dei banditi. Twitter non c’entra nulla. Dipende da come viene usato», aggiunge con un sorriso la giovane australiana. I media inglesi confermano che lo stesso avviene nelle altre città  investite dai disordini. «Le nostra difese sono le nostre scope», scrivono via sms. Tanti sottolineano il carattere apolitico del movimento: «Non lasciamo che i politici si impadroniscano dei nostri slanci civili». In Liverpool un barista ha inaugurato una pagina su Facebook titolata «La pulizia di Liverpool». Tra i suoi associati un supermercato locale disposto a donare scope, una cooperativa che offre sacchi di plastica per la raccolta rifiuti e un bar che ha distribuito 100 tra caffè e tè. Ma, se il volontarismo si dimostra l’arma migliore per combattere il diffuso senso d’impotenza e la paura, è anche vero che l’emergere di nuovi dettagli sulle dinamiche dei saccheggi non fa che accrescere le inquietudini collettive. Ieri pomeriggio ancora a Claphan i testimoni raccontavano d’intere famiglie arrivate per derubare. «Ho visto di persona genitori mandare i figli di nove o dieci anni nei negozi in fiamme dicendo loro cosa prendere, per lo più scarpe, vestiti e articoli da cucina. Almeno tre famiglie sono passate di fronte alle vetrate del nostro locale lunedì sera dopo le nove», racconta Jenny Kruse, cameriera ventenne del Falcon Pub che si trova solo a 10 metri da un grande palazzo devastato dalle fiamme. «I padri attendevano i figli in auto poco lontano. Hanno caricato i bagagliai e sono fuggiti indisturbati», aggiunge il proprietario di origine indiana di una rivendita di giornali.
In serata tuttavia proprio il volontarismo, o meglio i suoi eccessi più militanti, erano diventati tema di accesa controversia. L’innocente ed encomiabile spirito civico che caratterizza i soldati dell’«esercito delle scope» si accompagna infatti al crescere delle organizzazioni di autodifesa violenta. È già  avvenuto nei quartieri a maggioranza Sikh, turca e d’immigrati dal Bangladesh, dove nelle notti scorse gruppi di autodifesa hanno aggredito i potenziali saccheggiatori. Le televisioni segnalano che ora stanno scendendo in campo gli estremisti della English defence league, l’organizzazione xenofoba di estrema destra che da anni lotta contro l’immigrazione. L’altra sera la polizia ha dovuto intervenire per evitare che tre giovani di colore venissero linciati dai vigilantes su un bus a Eltham. Sembra che gli estremisti cerchino ora nuovi consensi proprio sfruttando il desiderio di mobilitazione tra la popolazione. Contro il pericolo del «farsi giustizia da soli» è dunque sceso in campo ancora Boris Johnson: «Giusto che i negozianti difendano i loro locali. Ma devono farlo in modo ragionevole. Non vogliamo vigilantes».


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