Costa d’Avorio: lontana dai media, lontana dalla pace

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Durante i mesi di violenza che hanno fatto seguito alle contestate elezioni presidenziali, in Costa d’Avorio sono state commesse gravi violazioni dei diritti umani, compresi crimini contro l’umanità  e crimini di guerra, tanto dalle forze leali a Ouattara quanto da quelle fedeli a Gbagbo.

Ora però, a pace fatta, la situazione non sembra migliorare. In un rapporto intitolato “Vogliamo tornare a casa, ma non possiamo. La perdurante crisi degli sfollati e l’insicurezza in Costa d’Avorio” (in inglese .pdf), Amnesty International ha da poco denunciato che le forze di sicurezza e le milizie spalleggiate dallo Stato stanno creando un clima di paura che impedisce a migliaia di sfollati di fare rientro nelle loro case contribuendo di fatto al perdurare della violenza post elettorale.

Il rapporto dell’organizzazione per i diritti umani non usa mezzi termini e rilancia le accuse alle Forze di sicurezza (Fcri) e alle milizie Dozo (cacciatori tradizionali) “di compiere ancora omicidi e attacchi mirati per motivi etnici”, persino dopo l’inaugurazione della presidenza di Alassane Ouattara, costringendo la popolazione dei campi temporanei a non abbandonare quei ripari relativamente sicuri.

“I Dozo – ha spiegato Amnesty – paiono prendere di mira il gruppo etnico Guéré, ritenuto fedele all’ex presidente Laurent Gbagbo. A rischio sono soprattutto i giovani di robusta costituzione, sospettati di aver fatto parte delle milizie pro Gbagbo”.

 Nel quartiere di Carrefour, a Duékoué, dove alla fine di marzo centinaia di civili erano stati uccisi, ben pochi Guéré sono tornati a casa. “Chi lo ha fatto – ha raccontato Amnesty International – racconta di combattenti Dozo che presidiano la strada principale, andando avanti e indietro con le loro motociclette”.
 “Non devono fare nulla di più – ha raccontato un Guéré all’associazione umanitaria – non hanno neanche bisogno di scendere dalle motociclette. Basta che passino avanti e indietro ogni volta che vogliono, con le loro armi, per metterci paura. È quello che vogliono”.

“Questa situazione sta tenendo oltre mezzo milione di persone lontane dalle loro case e non può continuare così” – ha dichiarato Gaetan Mootoo, ricercatore di Amnesty International sull’Africa Occidentale – Le autorità  devono agire per stabilire una chiara catena di comando e smantellare le milizie che, nonostante la fine del conflitto, continuano a spargere paura nella popolazione”.

Che la Costa d’Avorio attraversi ancora una situazione critica è la conclusione contenuta anche in un rapporto stilato il 1 agosto dall’International Crisis Group (ICG), organizzazione non governativa per la prevenzione dei conflitti, che fa una fotografia aggiornata del paese dell’Africa occidentale all’indomani della violenta crisi nella quale almeno 3.000 persone sono rimaste uccise. Secondo gli esperti di ICG “il neo-presidente Alassane Dramane Ouattara deve adottare decisioni coraggiose” senza sottovalutare “le minacce che a lungo potrebbero ipotecare la pace”. Prioritari sono i settori della sicurezza, dell’economia, del dialogo politico e soprattutto della giustizia, per attuare un processo di riconciliazione nazionale. Se l’organizzazione denuncia “la leggerezza e l’ebbrezza del potere” dimostrate dalle precedenti autorità  dell’ex presidente Laurent Gbagbo, conferma anche le critiche alla “giustizia dei vincitori”, già  attuata da Ouattara a partire dall’arresto del rivale l’11 aprile scorso.

Alla luce del quadro nazionale ed internazionale (Ouattara, appena rientrato da un viaggio negli Stati Uniti, si sente forte del sostegno politico ed economico confermatogli dal presidente Barack Obama) Amnesty International è però preoccupata per la “funzione di sicurezza”, o meglio di “insicurezza” data alle milizie Dozo dalle forze di sicurezza ufficiali della Costa d’Avorio.
 La libertà  con cui operano, infatti, fa supporre che le azioni dei Dozo siano tollerate o anche istigate dalle Forze di sicurezza nazionali. “Il presidente Ouattara e il primo ministro Guillaume Soro devono gettare la maschera e impegnarsi a fondo per creare un apparato di sicurezza che sia imparziale e che possa proteggere tutti i cittadini ivoriani a prescindere dal loro gruppo etnico” ha auspicato Mootoo.

Dello stesso avviso è anche l’associazione Human Right Watch secondo la quale “Il governo ivoriano dovrebbe garantire subito una giustizia equa e credibile dopo i gravi crimini commessi durante e dopo le elezioni presidenziali del 2010”. Per l’associazione umanitaria internazionale ora “Il governo Ouattara ha bisogno di andare oltre le vaghe promesse di responsabilità  e chiedere l’appoggio della Corte penale internazionale per poter contare su prove oggettive” doverosamente super partes.

Al momento fa ben sperare la decisione dell’operazione delle Nazioni Unite in Costa d’Avorio (Unoci) di aprire otto campi militari nell’ovest del paese per applicare al meglio il suo mandato di protezione dei civili. “Le conseguenze, assai gravi, della recente ondata d’insicurezza e di sfollati devono essere affrontate dal Governo, per non vanificare i tentativi di promuovere la riconciliazione in un paese devastato da decenni di tensioni etniche e conflitti violenti” ha concluso Mootoo.


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