Da Pimco a Goldman Sachs Le previsioni errate dei guru
Indicando «il cambiamento più significativo negli Stati Uniti, con un’accelerazione sostanziale del Pil tra il 3 e i 4% nei prossimi due anni». Tra i punti in evidenza delle stime anche il rialzo dei rendimenti dei titoli del Tesoro a 10 anni, che secondo Goldman sarebbero arrivati quasi al 4% entro la fine del 2011, per poi salire ancora nel 2012. Gli «anni del toro», li aveva definiti Morgan Stanley pronosticando nell’autunno dell’anno scorso l’avvento di un biennio di rialzi sui mercati azionari, soprattutto nei Paesi emergenti, e perciò raccomandato una «sovraesposizione in azioni», trend sostenuto anche da una robusta crescita globale stimata in +4,2% quest’anno e +4,5% nel 2012. «Le azioni sono tornate», scriveva Barclays Capital nel suo Global Outlook del dicembre scorso per il 2011. Una crescita migliore, combinata con una politica monetaria espansiva, offre uno sfondo molto favorevole per gli asset rischiosi. I premi di rischio delle azioni sono abbastanza alti per assicurare una sovraesposizione sui mercati azionari rispetto al reddito fisso».
Nei report con le previsioni per il 2011, tutte le maggiori banche d’affari hanno un orientamento positivo per i mercati azionari. «Alcune preferiscono gli Stati Uniti, altre sovrappesano l’Europa, altre ancora pronosticano finalmente il risveglio del Giappone, quasi tutte continuano a puntare sulla crescita dei mercati emergenti. E i rendimenti attesi sono compresi tra il 12% ed il 20% per i listini», riassume la società di consulenza K Capital nell’analisi sui mercati azionari per l’anno in corso.
Le premesse per un anno buono, in realtà , c’erano se persino il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, a inizio gennaio era stato ottimista: la ripresa economica globale «è confermata», con «risultati, sotto il punto di vista dell’economia reale, migliori delle stime». E «almeno fino ad adesso, interessa anche Eurolandia».
Non è andata proprio così. I dati sulla crescita del secondo semestre hanno mostrato che l’economia è in frenata in America come in Europa, con revisioni al ribasso per l’anno in corso e per il prossimo, mentre la disoccupazione sale. La crisi dei debiti sovrani, dalla Grecia, dopo Irlanda e Portogallo, ha contagiato Spagna e Italia mandando alle stelle il differenziale tra i rispettivi titoli di Stato e Bund tedeschi decennali, costringendo la Bce a intervenire. Standard & Poor’s ha tolto la tripla A al debito americano. I mercati azionari sono dominati da estrema volatilità e da luglio hanno bruciato centinaia di miliardi di capitalizzazione. Una situazione che ha fatto scendere i rendimenti dei titoli del Tesoro Usa a 10 anni sotto il 2% (facendo quindi salire i prezzi), per la prima volta negli ultimi 60 anni, a dispetto del downgrade. Un evento che ha probabilmente sorpreso Bill Gross, fondatore e manager di Pimco, il maggiore gestore di fondi del mondo. Accusando la Fed di tenere artificialmente bassi i rendimenti dei T-Bond, Gross a marzo aveva annunciato di aver venduto tutti i titoli in portafoglio.
Per tutti è un brusco risveglio. Il mondo non è bello come avevano previsto gli analisti, che ora si affrettano a tagliare le loro stime. La lezione? «Troppi investitori concentrano la loro attenzione su outlook e trend. Perciò si guadagna di più prestando attenzione al valore», avrebbe risposto Sir John Templeton, pioniere dei fondi comuni di investimento.
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