Delude il piano Usa, Borse giù Milano maglia nera

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MILANO – L’influsso positivo del via libera al piano sul debito Usa è durato lo spazio di un mattino, e a fine giornata, soprattutto per Piazza Affari, è andata in onda l’ennesima seduta da dimenticare: l’indice Ftse Mib, con i titoli a maggior capitalizzazione, ha perso il 3,87%, bruciando in un crescendo di sospensioni per eccesso di ribasso (fino a dodici i titoli che ad un certo punto non riuscivano a far prezzo per le troppe perdite) quasi 15 miliardi di valore. Ormai, l’intero listino milanese vale meno di 400 miliardi di euro; meno, cioè, di quanto capitalizzino Apple e Exxor insieme, che valgono l’equivalente di 531 miliardi di euro. Piazza Affari si è presa la maglia nera, seguita a ruota da Madrid (-3,24%) ma anche Francoforte non è andata bene (-2,86%) insieme a Parigi (-2,27%), al contrario di Londra che ha limitato le perdite ad uno 0,7%.
E mentre le vendite si abbattevano selvagge sui titoli finanziari (Intesa ha perso il 9%, Ubi Mps e Intesa quasi l’8%, Banco popolare il 7,7%) e gli indici di Borsa ritornavano indietro all’aprile del 2009, anche i titoli di Stato venivano bersagliati da chi si liberava a piene mani dai Btp. Alla fine della giornata, il differenziale con i titoli di Stato tedeschi ha superato il massimo storico dall’introduzione dell’euro, salendo sopra i 350 punti e il rendimento di un Buono poliennale arrivava a sfiorare il 6%, ormai ad un soffio dal Bonos spagnolo, che ha superato di poco l’asticella (6,16% il rendimento raggiunto ieri). Una situazione talmente pesante, sul fronte dei tassi di interesse, che non a caso, L’Italia e la Spagna potrebbero essere esonerate dal pagamento della prossima tranche di aiuti alla Grecia, previsto per settembre: secondo indiscrezioni pubblicate sulla stampa estera (tra cui il Wall Street Journal), a livello europeo si starebbe pensando di far intervenire in anticipo il fondo salva-Stati (Efsf) per sollevare i due Paesi dagli oneri che derivano dai nuovi prestiti bilaterali ad Atene. Le indiscrezioni riportate dalla stampa non trovano conferme ufficiali, ma fonti di Bruxelles fanno sapere che l’ipotesi sarebbe tuttavia percorribile: il fondo agirebbe da «meccanismo di compensazione», pagando una parte dei prossimi aiuti – in forma di prestiti – al posto di Spagna e Italia, mentre gli altri Paesi darebbero il loro regolare contributo.
Eppure ieri le Borse, partendo da Tokio (+1,34% in chiusura) avevano aperto la giornata sull’onda della positività  proveniente dagli Stati Uniti, dove nella notte era stato raggiunto l’accordo sul debito pubblico. Un elemento che anche in Europa era sembrato destinato a portare una ventata di speranza: persino Piazza Affari, la più affaticata di tutte in questa fase, aveva fatto un tentativo di rimbalzo, guadagnando quasi due punti percentuali all’apertura. Poi, già  all’ora di pranzo, l’indice Ftse Mib ballava intorno alla parità , mentre gli altri mercati reggevano un po’ meglio l’onda di ritorno dell’incertezza. La mannaia è calata intorno alle 15.45, insieme alla diffusione del dato americano sull’indice manifatturiero, cresciuto meno di quanto si aspettasse il mercato. In un contesto finanziario con i nervi scoperti, sensibile ad ogni stormir di foglie, l’indicatore è stato considerato una spia di minor crescita da parte di una delle locomotive del mondo occidentale; considerazione, del resto, in qualche misura confortata anche dal taglio delle spese deciso dagli americani per rispettare il tetto del debito: misura necessaria ma con possibili ricadute in termini di minor sviluppo. Senza contare che il responso finale delle agenzie di rating non c’è ancora stato e tutto sommato il rischio che gli Stati Uniti perdano la tripla A continua a disturbare i sonni degli investitori. Ieri comunque Wall Street, dopo aver imboccato la strada della discesa come gli altri mercati, ha tentato l’inversione di tendenza riportandosi a ridosso del pareggio, per poi chiudere quasi piatta (-0,10% il Dow Jones).


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