Gli «uomini rossi» della foresta e le frecce spezzate dai narcos

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RIO DE JANEIRO — Che fine hanno fatto gli uomini rossi? Si sono nascosti nella foresta ancora più fitta e buia, invisibili a aerei spioni e altre diavolerie tecnologiche del nostro mondo, oppure sono caduti nell’ultimo, estremo tentativo di essere lasciati in pace? È incerta la sorte della tribù degli indios Panoan nell’Amazzonia brasiliana, gli ultimi preistorici del terzo millennio, così definiti quando furono diffuse per la prima volta le fotografie scattate da un aereo sopra il loro accampamento. Immagini straordinarie: uomini, donne e bambini con il corpo dipinto di rosso, che osservano stupiti quello strano e rumoroso oggetto volante sopra le proprie teste, e addirittura provano a difendersi lanciando frecce verso l’alto.
Si teme per la loro sorte dopo un allarme lanciato qualche giorno fa dalla Funai, l’organo di protezione degli indios del governo brasiliano. Una battaglia per il controllo della regione chiamata Xinane, riserva indigena quindi protetta al 100 per cento, potrebbe essere avvenuta nelle scorse settimane tra i Panoan e trafficanti di droga e legname pregiato in arrivo dal Perù, la cui frontiera dista poche decine di chilometri. Due gli indizi che lasciano pensare al peggio. Il primo è che i narcos peruviani hanno attaccato anche una vicina base della Funai, costruita proprio per proteggere gli indios «non contattati», come si definiscono le tribù completamente isolate dalla modernità . Il secondo è che la punta di una freccia è stata ritrovata conficcata nello zaino abbandonato da uno dei banditi in fuga. Un incontro, o scontro, dunque c’è stato. Ma la Funai non ne ha trovato altre tracce. Si sa soltanto che nelle radure della selva nuovamente sorvolate da aerei e elicotteri ora non si scorge più nessuno. Gli uomini rossi sono scappati. «Le frecce sono la carta d’identità  degli indios isolati — spiega l’antropologo Carlos Travassos, che dirige l’apposita divisione della Funai —. Crediamo che i peruviani li abbiamo fatti fuggire e siamo molto preoccupati. Questo episodio potrebbe segnare il colpo più duro in decenni di lavoro per proteggerli».
Secondo le stime dell’agenzia brasiliana, in Amazzonia esisterebbero una quarantina di tribù senza alcun contatto con il resto dell’umanità . O appena con sporadici scambi con altre comunità  vicine più integrate, come dimostra il possesso di alcuni oggetti di metallo. Da molti anni la politica del Brasile è non entrare nemmeno in contatto con questi gruppi, ma limitarsi a mapparli e poi delimitare il territorio per proteggerli. Tecnologie sofisticate con radar e infrarossi, le stesse usate per monitorare la deforestazione, hanno reso il lavoro ancora più discreto. Le rare spedizioni di esploratori, tutte autorizzate dalla Funai, si bloccano appena trovano tracce interessanti da documentare, e tornano indietro. Le foto aeree dei Panoan diffuse al mondo dapprima nel maggio del 2008 e poi all’inizio di quest’anno in un documentario della Bbc, ancora più nitide, hanno suscitato qualche malumore tra i puristi dell’indigenismo. Si tratta comunque di una forma intrusiva di contatto.
Ma il problema principale degli «isolados» è trovarsi spesso in regioni assai appetibili per i delinquenti. Proprio perché senza villaggi, poliziotti, linee di confine tra gli Stati, sono l’ideale per gli spalloni della coca e i cacciatori di legname pregiato. Narcos e compari non vogliono ovviamente intrusi tra i piedi e frequente è la caccia all’indio, che dispone per difendersi appena di archi e frecce. E spesso nemmeno avvelenate.


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