Grande fuga dall’Iva metà  dell’evasione da fatture e scontrini

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ROMA — Metà  dell’evasione fiscale totale è realizzata sull’Iva. Si tratta di circa 60 miliardi di euro all’anno. Gli altri 60 riguardano le imposte sui redditi, i contributi e tributi minori. Sono stime ufficiose, che spingono però l’Agenzia delle Entrate a concentrare su quest’area gli sforzi per recuperare gettito. In Italia l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto è più alta che negli altri Paesi europei a causa della polverizzazione del tessuto produttivo. Le partite Iva attive sono circa 5,2 milioni. I controlli sono insufficienti. Lo Stato, a metà  degli anni Novanta, ha concordato con le stesse categorie produttive un sistema di prelievo, gli studi di settore, basato sulla presunzione del reddito che, se talvolta si rivela oneroso per il contribuente i cui affari vanno improvvisamente male, il più delle volte lascia ampi margini per non dichiarare il reddito effettivo oltre quello ritenuto congruo dagli stessi studi.
Le forme di evasione e di elusione dell’Iva sono innumerevoli, soprattutto per professionisti e piccole imprese. Dagli scontrini e fatture non rilasciate ai costi gonfiati attraverso fatture false o improprie, per scaricare l’Iva su spese che non c’entrano nulla con la propria attività . Dalle frodi carosello (operazioni intracomunitarie con richieste indebite di rimborso Iva) agli abusi sui leasing di auto, imbarcazioni e immobili. Dalle truffe sulle compensazioni e detrazioni alle attività  non profit fasulle: ristoranti, palestre e centri benessere camuffati da associazioni culturali per non pagare imposte.
Secondo i dati contenuti nel rapporto Giovannini sull’evasione consegnato qualche mese fa al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il 51% dei titolari di partita Iva dichiara meno di 15 mila euro. Tra gli agricoltori questa percentuale sale addirittura al 73,4%. Tra gli imprenditori sono il 48%, tra i professionisti il 24,2%. Solo il 3,3% del popolo delle partite Iva dichiara redditi complessivi superiori a 100 mila euro: l’1,5% tra gli imprenditori, l’11,4% tra i professionisti, appena lo 0,8% tra gli agricoltori.
Per questo, spiega Luigi Magistro, direttore centrale dell’accertamento, il capo degli 007 dell’Agenzia delle Entrate, si punta sempre di più sul «redditometro», cioè su quegli indicatori di spesa che rivelano se un contribuente ha un tenore di vita coerente con quanto denunciato al Fisco. A questo proposito c’è una importante novità : lo «spesometro», entrato in vigore dallo scorso luglio. In base alla normativa, ogni acquisto di importo superiore a 3 mila euro richiede l’esibizione del codice fiscale: i dati vengono quindi comunicati all’Agenzia delle Entrate che li incrocerà  con le dichiarazioni dei redditi. Questo significa che alla fine del 2012 il Fisco potrà  disporre di liste di contribuenti sospetti di evasione per l’anno d’imposta 2011. Insomma se uno ha dichiarato 20 mila euro ma poi ha comprato casa, un Suv, una barca e così via, dovrà  spiegare dove ha preso i soldi. Un meccanismo rafforzato dall’introduzione nel decreto della manovra della tracciabilità  per tutti gli acquisti sopra i 2.500 euro: non si potrà  pagare in contanti, ma solo con bancomat, carta di credito, assegno o altri strumenti che lascino appunto traccia. Questa mega-schedatura e incrocio automatico dei dati riguarderà  tutti i contribuenti, non solo le partite Iva. Evadere, assicura Magistro, sarà  sempre più difficile.


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