Il governo svende i beni pubblici che sono dei cittadini

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La rincorsa a proposte estemporanee (anche da parte dell’opposizione) immalinconisce per pochezza intellettuale e politica. Non solo dobbiamo sentire prediche della Chiesa (il più grande evasore legale d’Italia) che lasciano davvero increduli. Non soltanto dobbiamo sentire proporre dall’opposizione il più fedifrago dei tradimenti rispetto a quanti (spregevoli finché si vuole) comunque si sono fidati delle istituzioni facendo rientrare i capitali attraverso il condono (sul brocardo pacta sunt servanda si fonda la civilità  giuridica). Non soltanto dobbiamo vedere le barricate contro il «contributo di solidarietà » che vengono erette al fine precipuo e del tutto ideologico di evitare che una tale idea (che peraltro ispira la nostra Costituzione) possa contagiare il popolo ed ammorbandolo della grave malattia, estirpata scientificamente nel ventennio neoliberale, del solidarismo. Adesso si ripropone la dismissione degli immobili pubblici! Insomma, per pagare i cravattari con cui lo Stato si è indebitato a causa del suo vizio del gioco, vendiamoci la casa!
Chi legge il testo della manovra vede ben chiaro che la componente «militare» di tali vendite (quella che al limite si sarebbe pure potuta condividere) non provocherà  alcun dimagrimento significativo del portafoglio dell’inguardabile La Russa, perché i proventi della vendita del demanio militare verranno riassegnati in massima parte alla Difesa (art. 3 lettera 12). Del resto, così come non si può nemmeno parlare di imporre una patrimoniale draconiana sui beni della Chiesa (io credo in emergenza occorrerebbe iniziare a rifletterci davvero, almeno una confisca parziale), sia mai detto che si possa risparmiare qualcosa sulla difesa: siamo naturalmente (peccato che incostituzionalmente) impegnati (ed in modo del tutto bipartisan) a bombardare donne e bambini innocenti in Libia ed altrove e come si sa sono cose che costano molto care! Siamo quindi di nuovo alla svendita del patrimonio immobiliare civile o sociale (case popolari, scuole, ospedali, asili uffici) i cui proventi verranno utilizzati per far fronte alla spesa corrente. Tanto chiudendo lo Stato sociale i beni pubblici sociali non serviranno più. Cinque hanni fa ho documentato personalmente in una ricerca dell’Accademia dei Lincei poi pubblicata col titolo Invertire la rotta (con E. Reviglio e S. Rodotà ) i meccanismi perversi di questa dismissione, inutile, truffaldina e rovinosa e la Commissione Rodotà  aveva posto il problema della tutela dei beni pubblici sociali. Tutto inutile! Il Governo non vende beni suoi! È ora che ce lo mettiamo bene in mente. Si vogliono vendere beni che sono proprietà  della collettività  nazionale tutta e non del governo in carica! Beni accumulati con il sacrificio fiscale di tutti. Il governo in carica dovrebbe esserne fedele custode e buon amministratore. Se il governo espropriasse beni appartenenti ai privati dovrebbe pagare l’indennizzo (la Corte Europea ci ha detto che questo dovrebbe essere a prezzo di mercato). Nessuno pensa mai che anche quando espropria beni pubblici e comuni qualcuno dovrebbe essere indennizzato. Quella pubblica è la sola proprietà  degli spossessati ed appartiene pro quota a tutti noi. Su di essa non ci si accontenta di una patrimoniale perché si vuole una vera confisca (a favore dei soliti palazzinari noti).


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