Iran, 8 anni agli escursionisti “Sono spie degli americani”

by Sergio Segio | 21 Agosto 2011 6:12

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La vicenda dei giovani americani arrestati nel luglio 2009 mentre durante un’escursione nell’Iraq settentrionale erano entrati in territorio iraniano, è stata in questi due anni una ulteriore fonte di tensioni nei già  tesi rapporti tra gli Stati Uniti e la Repubblica islamica. Ieri la doccia fredda finale, dopo che alcuni segnali avevano fatto sperare in una sentenza clemente. Shane Bauer e Josh Fattal, entrambi di 29 anni, sono stati dichiarati colpevoli di spionaggio e condannati a otto anni: tre per aver attraversato illegalmente il confine e cinque perché riconosciuti colpevoli di «attività  spionistica per le autorità  americane».
Insieme ai due giovani al momento dell’arresto c’era anche una ragazza americana, Sarah Shourd, fidanzata con Shane Bauer. Dopo quattordici mesi lei era stata liberata nel settembre scorso per ragioni di salute, pagando una cauzione di mezzo milione di dollari. Da allora il processo a suo carico prosegue in contumacia, e non è stata emessa una sentenza.
Secondo l’accusa Bauer e Fattal non erano affatto innocui escursionisti col sacco a pelo bensì giornalisti, un’attività  che alle autorità  iraniane appare spesso interscambiabile con lo spionaggio, tanto più se i due, come afferma l’accusa, lavoravano per un giornale online israeliano. Shane Bauer e Sarah vivevano a Damasco nel 2009, lui come fotografo free-lance e lei dando lezioni d’inglese. Poi in luglio un amico californiano, Josh Fattal, ecologista, era andato a trovarli e insieme erano partiti per quella rischiosa escursione sulle montagne dell’Iraq settentrionale. Al massimo, dicono le persone che li conoscono, avrebbero voluto fare un innocente scoop giornalistico sulle montagne irachene.
Dietro la dura condanna s’intravede anche il sempre presente scontro di potere ai vertici della Repubblica islamica tra il presidente Ahmadinejad e i conservatori religiosi che fanno capo alla Guida suprema Khamenei. Nei giorni scorsi il presidente, pur riconoscendo che i due escursionisti avevano violato la legge iraniana, aveva chiesto per loro clemenza alle autorità  religiose che controllano il potere giudiziario. Ottenendo per ora l’effetto contrario. Appelli alla clemenza erano stati rivolti alle autorità  iraniane dallo stesso presidente Obama, dal Segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon e dal premio Nobel Desmond Tutu. Gli Stati Uniti, che hanno sempre smentito che i tre fossero spie, hanno commentato la notizia della condanna dicendo che i due giovani «sono già  in carcere da troppo tempo ed è ora che tornino dalle loro famiglie». Cosa che, c’è da sperare, potrebbe silenziosamente avvenire, all’iraniana, ora che la condanna per spionaggio è stata annunciata in tv ad usum del pubblico iraniano.
 

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