La grande evasione: solo tre su mille dichiarano 150.000 euro

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Siamo intorno al 43% del prodotto interno lordo. Ma questo è il dato teorico. Quello effettivo è molto più alto. A causa dell’enorme evasione fiscale, circa 120 miliardi di euro, chi paga le tasse subisce in realtà  un prelievo medio di circa il 52% del proprio reddito. Il sistema in teoria è progressivo, cioè più si guadagna più si pagano tasse. Ma, anche qui, l’evasione, provoca forti distorsioni: a pagare più del dovuto sono quelli che non possono evadere perché hanno la ritenuta alla fonte, lavoratori dipendenti e pensionati, che risultano quindi ufficialmente i più ricchi di tutti.
Incredibile ma vero: su 41 milioni e mezzo di contribuenti Irpef appena 143.368, cioè 3 ogni mille, hanno dichiarato nel 2010 (anno d’imposta 2009) più di 150 mila euro. E sapete chi sono questi Paperon de’ Paperoni? Quasi tutti, circa 120 mila, dipendenti o pensionati, che ogni mese subiscono la trattenuta in busta paga o sul cedolino Inps. Anche se abbassiamo la soglia di “ricchezza”, fino ai 90 mila euro dopo i quali scatterà  il contributo di solidarietà  deciso dal governo, la situazione cambia poco: i contribuenti soggetti al balzello del 5% (10% sopra i 150 mila euro) sono in tutto l’1,2% dei contribuenti Irpef, 511.534. L’impossibilità  di evadere non consente loro di sottrarsi al prelievo aggiuntivo. Che non farà  che aumentare il già  grande contributo che essi danno al Fisco. Basti pensare che da questo 1,2% di contribuenti viene il 20% del gettito Irpef totale, come ricorda la Cgia di Mestre.
Ora, se questo mezzo milione di contribuenti fosse effettivamente composto dagli italiani più ricchi nessuno avrebbe da ridire. Ma si tratta, più semplicemente, di lavoratori e pensionati che certamente guadagnano bene, ma che non possono sfuggire al Fisco. E che quindi finiscono per pagare anche per gli evasori, che sono proprio tanti. Lo dimostra l’incredibile fotografia delle dichiarazioni Irpef. Il 90,2% dei contribuenti, cioè 38 milioni, dichiara meno di 35 mila euro lordi. Il 49%, ovvero 20 milioni, in pratica un contribuente su due, addirittura meno di 15 mila euro, 1.250 euro al mese (si badi bene lordi). L’Italia sarebbe insomma un Paese di poveri. Tanto che dei 41,5 milioni di contribuenti, ben 10,5 milioni pagano zero euro di imposta per via dei redditi bassi, mentre quelli che dichiarano più di 35 mila euro, pur essendo il 10% del totale, contribuiscono per più della metà  (il 52%) all’incasso Irpef.
Questa la situazione sulla quale impatta il «contributo di solidarietà », dove il termine solidarietà  ha il sapore della beffa a carico dei soliti noti, come ha osservato ieri in prima pagina il quotidiano dei cattolici Avvenire. Non resta che sperare che la minaccia di chiusura dell’esercizio o di sospensione dalla professione per chi non rilascia scontrini e fatture sortisca qualche effetto. Ma è inevitabile osservare che solo qualche settimana fa lo stesso governo aveva fatto marcia indietro sull’accertamento esecutivo e disposto una sanatoria sul contenzioso fiscale fino a 20 mila euro, proprio mente la Corte dei Conti denunciava che i beneficiari del condono fiscale 2002-2004 avevano versato solo la prima rata, “dimenticandosi” delle successive, per un mancato incasso di 4,18 miliardi. Intanto, il contributo di solidarietà  è già  legge. E quanto alla sua presunta equità  (chi più ha più paga) basta un’altra osservazione a smontarla. Se uno guadagna più di 90 mila euro ma è un single può essere trattato come uno che ha lo stesso reddito ma 2 o 3 figli? Che fine ha fatto il quoziente familiare?


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