La polizia contro il governo: «L’ordine è merito nostro»

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LONDRA — I vandali non fanno più paura. Si sono ritirati e duemila sono finiti in prigione. Adesso a mettere in apprensione Downing Street c’è un altro problema, piuttosto serio: Scotland Yard non digerisce l’idea di passare per la causa di tutte le debolezze di quei quattro giorni di anarchia e, scrollandosi di dosso l’immagine di istituzione silenziosa e obbediente, dice con durezza che non ci sta a farsi prendere a male parole.
Nuovo scenario post barricate. Avete operato male e in ritardo, accusa il mondo politico. La polizia risponde a tono: in piazza noi c’eravamo e voi? Insomma, chiusa la rivolta dei saccheggi (ieri la quinta vittima, un uomo che era stato ferito durante gli assalti a Ealing), avviata la controffensiva che passa anche dalle immagini dei teppisti proiettate da megaschermi installati su auto della polizia (a Birmingham) in modo da incentivare la denuncia, va in onda la «rivolta» di tutori dell’ordine. Che se la prendono con David Cameron e con il ministro dell’Interno Theresa May prontissimi a scrollarsi di dosso l’accusa di avere lasciato Londra in balia degli eventi e altrettanto prontissimi a riappropriarsi dei meriti una volta riportata la calma. Merito mio. No, merito mio: teatrino molto poco british. L’equilibrio si è rotto.
Scotland Yard non vive il suo momento più esaltante. I capi, il numero uno e il numero due, sono saltati per i loro non limpidissimi rapporti con il gruppo Murdoch e con il brutto affare dello spionaggio telefonico. Si trova con un reggente, Tim Godwin, che è nel mezzo del ciclone ma pur essendo in una posizione precaria ha trovato il modo di rispondere per le rime a chi gli ha tirato addosso le colpe degli espropri. Mica tanto diplomatico, ha rilevato che «dopo eventi del genere parlano sempre coloro che non c’erano». Come dire: Cameron era in vacanza, il ministro dell’Interno pure, noi qui senza un referente politico al quale appoggiarci. E a dargli manforte è sceso in campo pure Hugh Orde che presiede l’Associazione dei Chief Police Officer, gli ispettori di grado superiore di Scotland Yard. Cosa che rende conto di quanto sia seria la polemica.
La signora Theresa May, ministro dell’Interno, presa in contropiede dai fuochi delle gang e una volta richiamata in fretta e furia dal relax estivo, si era spinta fino al punto di rivendicare per sé e per il premier la linea vincente della tolleranza zero. Hugh Orde l’ha sbugiardata alla Bbc: mica vero che è tornato l’ordine per merito della politica. «Il rientro dalle ferie del ministro e del premier è stato irrilevante. L’approccio più robusto non l’hanno deliberato loro». A schiaffo, schiaffo e mezzo.
Scotland Yard è in fibrillazione e forse una ragione o più di una ragione c’è. Dopo la sua decapitazione a causa dello scandalo tabloid-Murdoch, Downing Street ha pensato per un attimo di affidarne la responsabilità  a Bill Bratton, il pioniere della tolleranza zero, l’ex capo della polizia a Los Angeles e New York.
Un affronto per la potente polizia londinese. Gelosia e orgoglio. Ma il suo onorabilissimo nome è in discussione. Non solo per via della corruzione di un po’ di agenti da parte degli spioni di News of the World che pagavano le notizie riservate. Ma anche per via del maldestro tentativo di «ingannare i media» sull’omicidio di Mark Duggan a Tottenham (la scintilla che ha scatenato il caos): Scotland Yard ha spacciato l’ipotesi che a sparare per primo era stato il ventinovenne padre di famiglia poi freddato. Falso, ammette ora la Commissione indipendente che vigila proprio su Scotland Yard. Così si frantuma il «santuario», la vecchia istituzione è in trincea. Bugie e scarsa efficienza: l’indice di gradimento cola a picco.


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