La protesta dei detenuti continua. Polemica su Nitto Palma a Roma

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 ROMA – Il giorno dopo lo sciopero della fame e della sete  dentro e fuori le carceri su iniziativa dei radicali per richiamare l’attenzione sul sovraffollamento, la protesta dei detenuti va avanti. E la politica si interroga sulle misure da adottare, sollecitata anche dal richiamo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E le sigle dei sindacati di polizia penitenziaria si dividono sulla visita del ministro della Giustizia, Nitto Palma, agli istituti di pena romani di Rebibbia e Regina Coeli.

Fra Rebibbia e Regina Coeli. Il Guardasigilli in mattinata si è presentato in forma “privata” a Rebibbia, dove ha visitato il braccio maschile e quello femminile, dove ha ricevuto applausi. L’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) promuove la visita “a sorpresa” di Palma a Rebibbia, perché ha evitato al personale l’impegno a Ferragosto per l’allestimento di una passerella annunciata.

Esattamente la critica che al ministro muove il Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria, l’organizzazione più rappresentativa della categoria con oltre 12mila iscritti, per la visita di Palma a Regina Coeli, accompagnato dal sottosegretario Gianni Letta. Donato Capece e Giovanni Passaro, segretario generale e segretario provinciale di Roma del sindacato, giudicano “inopportuno” l’annunciato arrivo del Guardasigilli tra le mura del carcere trasteverino, per il quale “è stato richiamato in servizio il personale di polizia penitenziaria, sopprimendo  giorni di ferie e riposi settimanali”.

“Per la conferenza stampa dell’onorevole ministro – si legge ancora nella nota – il carcere ha subito pulizie straordinarie, è stato ornato con piante e tappeti. Il tutto, con dispendio di svariate ore di lavoro straordinario, che chissà  quando saranno retribuite a causa degli scarsi fondi. E poi, ci si lamenta dello sperpero di risorse della pubblica amministrazione”. “Sarebbe stato responsabile – conclude la nota del sindacato – visitare la struttura penitenziaria senza alcun preavviso, in modo tale da prendere coscienza della criticità  ed emergenza delle carceri, dove si ha un rapporto 1/200 agenti/detenuti e le garanzie poste dalla Costituzione sono calpestate”.

Il Guardasigilli per ora non replica, preferendo annunciare, nel corso della conferenza stampa al Viminale  al termine della riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, che  “il premier Berlusconi ha escluso che la manovra comporterà  tagli all’edilizia carceraria”. Più tardi, a Regina Coeli, Palma e Letta ringraziano Napolitano, Marco Pannella e tutto il personale della polizia penitenziaria. Il ministro, in particolare, dice di sentirsi “confortato dall’attenzione” con cui il capo dello Stato segue la questione carceri. Nell’occasione, Palma annuncia la nomina di Simonetta Matone, ex pm della procura per i minorenni di Roma, a nuovo vice capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

Ma alle oltre duemila persone che ieri hanno aderito allo sciopero della fame e della sete non basta. Bisogna trovare il modo di alleggerire la pressione demografica negli istituti. Un’emergenza per la quale il presidente della Repubblica ieri ha invocato l’urgente intervento del Parlamento. Mentre cresce il dibattito tra chi, come il leader radicale Marco Pannella, chiede al più presto un’amnistia e chi, come lo stesso ministro Palma, pone allo studio misure di depenalizzazione.

Il dibattito politico. Come annunciato ieri, il leader Udc Pier Ferdinando Casini si è recato in visita alla casa circondariale di Borgo San Nicola di Lecce. “Dobbiamo accettare la giusta provocazione radicale di occuparci di più delle carceri italiane e arrivare con dei provvedimenti veri in Parlamento, come quelli su cui ha già  incominciato il  ministro della Giustizia” ha detto Casini, che nel dibattito non si schiera. “Bisogna fare tutto – afferma il leader Udc -, nuove carceri, una strategia di misure alternative e forse bisogna depenalizzare alcuni reati. Soprattutto, più della metà  degli ospiti del carcere di Lecce, sono detenuti in attesa di giudizio definitivo. Questa è un’altra cosa vergognosa, intollerabile, incivile. Ci siamo occupati di processi brevi, processi lunghi: occupiamoci finalmente di snellire queste procedure infinite, che sono indegne di un paese civile”.

Il coordinatore Pdl Fabrizio Cicchitto spinge per una regolarizzazione della custodia preventiva “che talora viene usata in termini molto estensivi e anche per costringere gli imputati alle confessioni”, depenalizzazione dei reati minori ma no all’amnistia, “una via oggi impraticabile”. Secondo Cicchitto, “gli ultimi esempi negativi sono quello riguardante da un lato l’onorevole Papa, ristretto in carcere per un evidente fumus persecutionis e proprio per la sua qualità  di deputato, e dall’altro il guidatore ubriaco che ieri l’altro ha ucciso tre persone e ne ha ferite altre cinque”.

Un maggior ricorso agli arresti domiciliari è la misura suggerita al ministro Palma da un altro sindacato, Ugl Polizia Penitenziaria. “Siamo convinti – afferma il segretario Giuseppe Moretti -, come già  evidenziato dal Guardasigilli, che sia più giusto seguire la strada della  depenalizzazione dei reati minori, rispetto all’amnistia o all’indulto”, ma “bisogna fare presto” e “un maggior ricorso all’istituto degli arresti domiciliari rappresenterebbe una tra le tante soluzioni che potrebbero migliorare la situazione”.

Magistratura Indipendente, la corrente più moderata delle toghe, dice “no” all’amnistia, “sì” a una strategia complessiva che comprenda tra l’altro la depenalizzazione , ma anche la revisione dell’ex Cirielli, “nella parte in cui in modo automatico si escludono dai benefici i recidivi”. Bisogna interrogarsi, aggiungono i magistrati, “sull’alto numero dei ristretti in attesa di giudizio”, e dunque sull’uso dello strumento della custodia cautelare in carcere, afferma il segretario Cosimo Ferri,” misura certamente utile, ma che deve essere applicata con particolare attenzione e nel pieno rispetto dei presupposti”. Altro problema da risolvere “è quello dell’alto numero dei soggetti ristretti stranieri. Gli accordi internazionali non vengono applicati, le misure alternative non vengono utilizzate per la popolazione extra comunitaria, eppure, il 40% dei detenuti è formata da extra-comunitari”.

A Trieste “Fratelli d’Italia”. Nelle carceri la protesta non si è fermata, rilanciata se mai dalla visibilità  offerta ieri dallo sciopero della fame e della sete. “Fate qualcosa per noi. Andare avanti così è impossibile” è l’appello che diversi detenuti del carcere delle Sughere, a Livorno, hanno fatto al garante dei detenuti Marco Solimano e al senatore del Pd Marco Filippi che stamani hanno visitato la casa circondariale livornese. Enrico Sbriglia, direttore del carcere di Trieste, che ieri ha digiunato, racconta che le sue detenute hanno protestato cantando “Fratelli d’Italia”, mentre i detenuti sbattevano pentole gridando “amnistia e libertà “. “Noi direttori, invece, insieme agli altri operatori di una sicurezza di regola senza armi, non possiamo ‘gridare’, però possiamo denunciare con un linguaggio burocratico le cose che non vanno”, conclude Sbriglia.


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