La Robin Hood tax affonda le utility in Borsa

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MILANO – Anche in Borsa, come nella fisica, a ogni reazione ne corrisponde una eguale e contraria. Così ieri, alla riapertura dei mercati dopo la chiusura per Ferragosto, Piazza Affari ha reagito con forza alla decisione del governo di reitrodurre la Robin Hood Tax nei confronti delle società  dell’energia. Ed è il caso di dire che gli investitori non l’hanno presa bene, facendo piovere sui titoli del settore una pioggia di vendite: il titolo peggiore è stato Terna, che è crollato del 13,6%; ma sono andati male tutto, da Snam (-9.9%) a Enel Green Power (-5,4%), fino alle utility locali, dove la peggiore è stata Iren (-4,6%).
A pesare è stata la scelta del governo di aumentare l’Ires a carico delle aziende del settore dal 6,5 al 10%, in modo da prevedere maggior entrate per 1,8 miliardi per il 2012 e altri 900 milioni all’anno nei successivi due. Un esborso che il mercato non ha proprio gradito. E per Palazzo Chigi un vero effetto boomerang: in una sola seduta il Tesoro – che direttamente e indirettamente, è azionista di riferimento di Eni, Enel, Enel Green Power, Snam rete gas e Terna – ha visto la sua quota di capitalizzazione ridursi di 1,65 miliardi.
A pesare sulla seduta negativa in Borsa sono stati anche i report diffusi in mattinata dalle banche d’affari. Per gli analisti, i cui giudizi determinano anche gli orientamenti dei grandi investitori, la situazione per le utility italiane è più difficile perché il maggior peso fiscale si dovrà  tradurre per forza di cose o in una politica di dividendi più bassi o in una frenata degli investimenti. Non solo: gli investitori hanno stigmatizzato anche il continuo cambio del quadro legislativo, come è accaduto di recente per le rinnovabili, la cui politica degli incentivi – per esempio – si è modificata tre volte in un anno.
Cheuvreux, ad esempio, ha stimato un possibile taglio degli utili complessivi del 7% per le utility italiane e fino al 15%, in particolare per Terna e Snam. Per Citigroup, invece, l’utile per azione di Terna scenderà  – nell’ipotesi peggiore – del 16%, quello di Snam del 13% e quello dell’Enel del 6%. Goldman Sachs, da parte sua, avanza invece l’ipotesi che non saranno le società  a dover sopportare le minori entrate: la banca d’affari americana calcola una riduzione dell’utile del 15% per Terna e del 12% per Snam «a meno che le tasse non siano trasferite sui consumatori attraverso le commissioni per la rete». Un’ipotesi tutt’altro che improbabile per Citigroup: «E’ improbabile – notano i suoi analisti – che la tassa resti a lungo sulle utility senza essere trasferita sui consumatori».
Quest’ultima ipotesi sarebbe vietata da una disposizione contenuta dalla manovra approvata dal governo. E come è avvenuto due anni fa, l’Autorità  per l’Energia è preposta a controllare che le aziende non scarichino i maggiori costi sui clienti. Peccato che l’Autorità  abbia il potere di controllo, ma non quello sanzionatorio.


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