L’ansia dell’America declassata

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NEW YORK — In una domenica che l’America ha vissuto come sospesa, in attesa del responso dei mercati dopo il downgrading del suo credito e le analisi che danno per probabile una nuova recessione, Barack Obama è rimasto silenzioso, nella residenza estiva di Camp David. Per lui ha parlato, però, David Axelrod, fino a qualche mese fa suo braccio destro alla Casa Banca e ora di base a Chicago dove sta coordinando la campagna per la sua rielezione.
«Questo è una bocciatura dei Tea Party» ha detto lo stratega elettorale democratico. Che ha criticato gli errori tecnici commessi dall’agenzia di rating Standard &Poor’s, ha messo in dubbio la sua affidabilità , per poi notare che il suo è stato, essenzialmente, un voto di sfiducia politico sulla capacità  del Congresso di adottare le misure necessarie. «E qui due cose sono chiare — ha aggiunto Axelrod —. Primo, che i risparmiatori di tutto il mondo considerano ancora gli Stati Uniti il posto più sicuro dove investire il loro denaro. Secondo, che il presidente ha fatto di tutto, nei mesi scorsi, per spingere il Congresso a trovare un accordo sulle cose da fare. Arrivando anche a un passo dall’intesa con lo speaker repubblicano della Camera» .
Anche l’ex candidato democratico alla Casa Bianca, John Kerry, ieri ha attaccato a testa bassa i repubblicani e i radicali della «destra del tè» che, con la loro portabandiera Michele Bachmann, il giorno prima avevano accusato la Casa Bianca per la perdita della tripla A, chiedendo a Obama di licenziare il ministro del Tesoro, Tim Geithner. Geithner, in realtà , aveva da tempo chiesto di poter lasciare l’incarico per tornare al settore privato ma, davanti all’emergenza che si è creata, ieri ha reso noto di aver comunicato al presidente la sua disponibilità  a restare (è l’unico rimasto dell’originario team economico).
Notizia che Obama ha accolto con sollievo, confermandogli la fiducia. Sempre ieri è toccato al senatore repubblicano Lindsey Graham replicare agli attacchi della Casa Bianca: «Meno male che i Tea Party ci sono: rappresentano un argine alla spesa facile di un governo che ci ha portato a livelli record di indebitamento» . Insomma, come dicono gli americani, «more of the same» : anziché imporre ai contendenti in Congresso una sospensione delle risse politiche e la ricerca comunque di misure d’emergenza (come avvenuto in vari casi in Europa), la mazzata di S&P è stata usata dai due fronti per inasprire ulteriormente le polemiche.
Cosa che ha spinto la criticatissima agenzia di rating (molti ne ricordano gli errori marchiani ai tempi del crollo di Wall Street, mentre altri si chiedono «chi controlla il controllore?» ) a uscire di nuovo allo scoperto, e non solo per difendere la sua scelta. «Attenti» hanno detto i suoi capi in varie interviste televisive domenicali, «che noi non solo abbiamo ridotto il valore del credito Usa da AAA a AA+, ma abbiamo anche messo gli Usa in outlook negativo. Questo vuol dire che se governo e Parlamento non si rimboccheranno le maniche per rimettere sotto controllo il debito pubblico, arriverà  un altro declassamento.


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