«Europa debole? Il governo lo è di più»

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CAPALBIO (Grosseto) – Gli invitati stanno arrivando nella piccola piazza Magenta. Il presidente della giuria chiama sul palco Mario Monti: «In questi giorni abbiamo ricevuto tante telefonate. Lei sa, professore, che ci sono grandi aspettative sulla sua persona». L’ex commissario europeo risponde con un sorriso interrogativo, chiede se per caso non si riferisca al sindaco, lì accanto con la fascia tricolore stirata di fresco, scherzando scende pure dal palco per qualche secondo. Poi torna su, applausi, si può cominciare. Quelle che qualcuno ha chiamato prove generali di governo tecnico vanno in scena qui a Capalbio (e dove sennò?) con un dibattito che, vicino a Monti, vede seduti Giuliano Amato, Emma Marcegaglia e il direttore generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni.
Il tema non è nemmeno laterale, come pure possibile per una tavola rotonda che accompagna un premio: «Crisi europea, crisi italiana: un po’ di buonsenso». No, non è il solito dibattito di fine agosto. E infatti arriva anche il messaggio di buon lavoro del presidente Giorgio Napolitano. Come ricorderemo quest’estate, chiede Sarah Varetto, il direttore di Sky Tg24 che modera la serata: «In questi mesi – risponde Monti – abbiamo avuto un esperimento di laboratorio molto interessante. Anche al suo minimo, l’Europa è stata più forte di un governo e di una maggioranza che, almeno sulla carta, sono tra i più solidi che l’Italia abbia mai avuto. Bene o male c’è stato un dibattito sulle riforme, l’opinione pubblica è stata chiamata a dire la sua». Ecco, le riforme: il nodo è proprio questo. Dice Monti che «Tremonti ha fatto molto bene come tutore dei conti pubblici» ma «nella sua maggioranza c’è chi vede la crescita generabile solo da una spesa pubblica aggiuntiva, solo da un allargamento dei cordoni della borsa». E invece «fa fatica in Italia a crescere una terza visione, quella delle riforme strutturali». E qui Monti cita il premier del Lussemburgo: «Dice Jean-Claude Juncker: ditemi quali riforme strutturali bisogna fare ma poi ditemi anche come si fa a fare quelle riforme e vincere le elezioni». L’eterno dilemma della politica, al bivio tra responsabilità  e consenso, tra sguardo al futuro e prossime elezioni. Eppure secondo Monti non si tratta per forza di un bivio, o di qua o di là : «Lo stesso Juncker ha fatto riforme strutturali e poi ha vinto le elezioni. Come Blair in Gran Bretagna, come anche Aznar in Spagna che le elezioni le ha perse non per le riforme ma per un problema, grave, di non sincerità  sugli attentati». Dice che il suo discorso «è sconnesso perché emozionato dalla bellezza della piazza», l’ex rettore della Bocconi. Sarà .
Il suo passo successivo è una critica ad Angela Merkel, «così tirchia nell’appoggiare l’Unione Europea». Parole dure, le sue, che riportano a quel «Podestà  straniero» di cui ha scritto proprio sul Corriere: «Mi ha molto urtato il comunicato ufficiale con il quale Francia e Germania hanno dato precise indicazioni di politica economica all’Italia, un Paese che ha la loro stessa dignità , fondatore dell’Unione Europea. Non è bello essere arrivati a questo punto».
Anche Saccomanni e Amato si concentrano sulle riforme strutturali. Il direttore generale di Bankitalia propone una «autorità  indipendente che faccia un lavoro di revisione della spesa pubblica, controllando il costo e i benefici di ogni ospedale, scuola, tribunale». Amato fa un paragone «chirurgico» con la crisi del ’92 che lascia capire come i tempi siano cambiati davvero: «Allora per tagliare la spesa pubblica operavamo sulla cellulite dello Stato, adesso si opera molto più vicino all’osso». Si parla anche di eurobond, di una Unione Europea che dovrebbe avere più coraggio, di un cancelliere tedesco, dice Amato, che «prima o poi cambierà ».
Sul palco c’è pure Yves Leterme, il primo ministro belga ancora in carica per mancanza di alternative. Bruxelles è senza governo da quasi 500 giorni, nel frattempo l’economia va bene ma non si riesce a trovare una nuova maggioranza. Leterme si è dimesso il 22 aprile del 2010, lo stesso giorno del «che fai, mi cacci?» sbattuto in faccia da Fini a Berlusconi durante la direzione del Pdl. Quando dici le coincidenze.


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