«Il futuro del paese è nella conciliazione»

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 IL CAIRO.«Dobbiamo cooperare per proteggere le conquiste della rivoluzione, dimentichiamo le differenze che ci separano e diamo valore alle tante cose che ci uniscono». Ha usato un tono conciliante lo sceicco Ahmed al Tayyeb, l’imam della moschea di al Azhar al Cairo (considerato il principale centro teologico dell’Islam sunnita), ricevendo l’altra sera alcuni dei principali futuri candidati alla carica di presidente – tra i quali Amr Musa, Mohammed el Baradei e Ayman Nour – e i rappresentanti delle più importanti forze politiche, inclusi quelli di Libertà  e Giustizia, il braccio politico dei Fratelli musulmani, e di alcune formazioni salafite.

Un incontro terminato con un successo rilevante. I partecipanti hanno accettato, seppur con interpretazioni diverse, la «Carta dei principi costituzionali» (nota anche come Carta dei diritti) preparata dall’Azhar nelle settimane passate per superare i contrasti esplosi tra gli islamisti e le forze laiche e progressiste intorno alla Costituzione che sarà  scritta dal futuro Parlamento dopo le elezioni parlamentari che dovrebbero tenersi a novembre.
L’Azhar in sostanza ribadisce che l’Egitto repubblicano nato dalla rivoluzione del 1952 e risorto con la rivoluzione del 25 gennaio contro Hosni Mubarak, era e resta uno «Stato civile», non laico ma neppure religioso, democratico, multiculturale e multiconfessionale dove la sharia, il codice islamico, rimarrà  la principale (ma non l’unica) fonte di legge. Vaga invece è la definizione dell’identità  nazionale egiziana, tema sul quale battono molto le forze progressiste mentre quelle di sinistra, storicamente lontane dagli sceicchi dell’Azhar, sottolineano che il documento non dedica spazio al bisogno di giustizia sociale in un paese dove il 40% degli abitanti vive in condizioni di povertà  ed un’altra corposa percentuale con pochi dollari al giorno mentre una esigua minoranza controlla ricchezze immense.
Sino a qualche giorno fa gli islamisti, Salafiti in testa ma anche i Fratelli musulmani, si erano opposti al testo preparato dallo sceicco al Tayyeb perché, a loro dire, porrebbe dei vincoli che di fatto ingabbiano coloro che in futuro avranno il compito, sulla base del mandato popolare frutto dell’esito elettorale, di scrivere la Costituzione. Ai liberali e ai progressisti invece il documento dell’Azhar serve a porre un freno alle possibili mire degli islamisti, specie di quelli più radicali, di limitare la libertà  di pensiero e di religione (tema quest’ultimo particolarmente importante per gli egiziani copti che guardano con crescente preoccupazione alla crescita dell’influenza degli islamisti nelle strade del paese) quando, dopo le elezioni, (che potrebbero dominare) si ritroveranno nelle mani il potere di riscrivere la Costituzione. Non a caso il fronte liberale avrebbe voluto mettere a punto subito la nuova carta costituzionale, prima delle legislative, mentre gli islamisti ritengono sufficienti, in attesa del nuovo testo, i limitati emendamenti all’attuale Costituzione approvati con il referendum dello scorso marzo.
«I principi (fissati dal documento dell’al Azhar, ndr) sono suggerimenti importanti per la scrittura della nuova Costituzione, li riteniamo condivisibili ma niente di più», ha commentato Mohammed Morsi, capo di Libertà  e Giustizia, soddisfatto anche perché il testo riafferma l’articolo 2 della carta ora in vigore che sancisce l’Islam come religione ufficiale dello Stato egiziano. Meno ottimista è apparso Mohammed Hamed, membro del Partito degli egiziani liberi (guidato dall’imprenditore internazionale Neguib Sawiris, copto). «I principi fissati dallo sceicco al Tayyeb dovrebbero essere vincolanti visto che le forze presenti all’incontro li hanno approvati, altrimenti rimarranno soltanto dei suggerimenti», ha previsto Hamed. Per i due candidati rivali alle presidenziali, Amr Musa e Mohammed el Baradei, ora esiste un ampio consenso nazionale su cosa dovrà  essere l’Egitto.
Sul risultato dell’incontro dell’altra sera e su alcuni dei temi principali in discussione oggi in Egitto, abbiamo intervistato uno dei candidati alla presidenza ed intellettuale islamista Abdel Monem Abdel Fottuh. Fautore di un islamismo moderno e democratico, Abdel Fottuh per anni è stato uno dei dirigenti dei Fratelli musulmani, non mancando di entrare in conflitto con le posizioni più conservatrici all’interno del movimento. Qualche mese fa ha lasciato (ufficialmente è stato espulso) i Fratelli Musulmani perché contrario alla scelta dei leader di non presentare un candidato alle presidenziali. In realtà  le sue posizioni apparivano ormai inconciliabili con quelle dei vertici dei Fm. Abbiamo incontrato Abdel Fottuh nel suo ufficio a Garden city (Cairo).
Quanto è’ stata importante la riunione dell’altra sera per il futuro dell’Egitto?
Molto. È stato l’incontro più riuscito tra quelli organizzati sino ad oggi dall’imam dell’Azhar perché si è raggiunto un consenso tra diverse formazioni e correnti politiche su alcuni punti fondamentali che riguardano il futuro del nostro paese. Sottolineo che tutti i principali candidati alla presidenza hanno preso parte al meeting oltre ai leader di partiti importanti, come quello dei Fratelli musulmani. Quello preparato da al Tayyeb è un buon documento, fissa dei principi generali che sono condivisi dalla maggioranza degli egiziani e più di tutto è riuscito a mettere insieme forze politiche che negli ultimi tempi si sono scambiate accuse pesanti.
Si è raggiunto il consenso sulla definizione dell’Egitto come Stato civile. Qual è la differenza rispetto allo Stato laico?
La differenza è notevole. In Egitto ben pochi vogliono sentir parlare di laicismo. Il nostro è un paese con una popolazione che vive in grandissima maggioranza secondo principi religiosi, islamici o cristiani. Stato civile in sostanza vuol dire che mantenendo la sharia come principale fonte di legge, viene salvaguardato il carattere democratico, e pluralista dello Stato. Il futuro del nostro paese sta nel rispetto della libertà  di pensiero e di espressione ma anche dell’identità  islamica prevalente in gran parte degli egiziani con un’ampia garanzia per i cittadini che professano altre fedi, a partire da quella cristiana.
Non tutti però condividono questi principi. Diverse formazioni salafite respingono il documento, dicono che lo Stato islamico offre sufficienti garanzie alle minoranze. E non sono pochi coloro che dubitano della sincerità  dei leader dei Fratelli musulmani.
Le forze che non accettano i principi sul quale si fonda il consenso nazionale nell’Egitto post rivoluzionario sono minoritarie, ininfluenti, rappresentano un piccola porzione della popolazione. Invito invece a guardare con più obiettività  ai Fratelli musulmani che a mio avviso stanno rispettando le regole e non giocano su due tavoli come dicono alcuni.
Lo scorso 29 luglio però i Fratelli musulmani erano in Piazza Tahrir a invocare la creazione di uno Stato islamico assieme ai salafiti. I dirigenti dei Fm peraltro sembrano i migliori alleati del Consiglio supremo delle Forze Armate (Csfa) che guida la transizione egiziana.
I media non hanno riferito notizie corrette. La presenza dei Fratelli musulmani in Piazza Tahrir e e nelle altre manifestazioni del 29 luglio in realtà  è stata minima. Quanto ai rapporti tra i leader dei Fm e i militari non parlerei di alleanza ma di un buon feeling dovuto al fatto che entrambe le parti hanno a cuore il futuro dell’Egitto e la sua stabilità .
Come giudica il lavoro svolto sino ad oggi dai militari. I giovani della rivoluzione, e non solo loro, criticano il Csfa che procede troppo lentamente sulla strada del cambiamento e denunciano l’utilizzo delle corti militari contro migliaia di civili.
Direi che i militari nel complesso hanno fatto un buon lavoro ma hanno anche commesso degli errori, cosa che considero inevitabile quando si governa un paese complesso come l’Egitto uscito dalla rivoluzione. Le corti militari sono uno di questi errori, uno dei più gravi. I civili devono essere processati solo dalle corti civili. Spero perciò che il Csfa rimedi subito a questa anomalia per favorire l’evoluzione verso quel nuovo Egitto, moderno, tollerante, fondato sul diritto, al quale tutti aspiriamo.


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