«La Nato sapeva da due giorni»

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 ROMA.Un giorno e due notti senza intervenire, nonostante un’informazione trasmessa dal comando della Guardia costiera avvertisse della presenza in acque libiche di un barcone carico di profughi alla deriva e bisognoso di soccorsi. Un giorno e due notti durante i quali la Nato non si è mossa in aiuto degli immigrati in fuga dalla guerra libica. Dal tardo pomeriggio del 2 agosto, ora in cui il rimorchiatore cipriota intervenuto per primo in aiuto dei profughi ha lanciato l’allarme raccolto dalla Guardia costiera, fino alle prime ore del 4 agosto, quando al comando di Roma ci si è resi conto che nessuno sarebbe intervenuto e si è quindi deciso di agire inviando un elicottero e tre motovedette da Lampedusa.

E’ lo scenario che si celerebbe dietro la tragedia dei 300 disperati soccorsi giovedì dalla Guardia costiera e che hanno raccontato di almeno cento compagni morti di stenti e gettati in mare durante la traversata. Ieri, dopo che giovedì sera erano circolate la prime polemiche circa il mancato intervento di una nave dell’Alleanza distante appena 27 miglia da quel barcone carico fino all’inverosimile di migranti, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha chiesto al nostro ambasciatore presso l’Alleanza, Riccardo Sessa, di sollecitare un’inchiesta su quanto accaduto. Ma anche di avviare una discussione sulla corretta interpretazione da dare alle due risoluzioni dell’Onu che autorizzano l’intervento in Libia, la 1970 e la 1973, e se il compito di proteggere la popolazione civile, profughi compresi, si estenda o meno anche a quanti fuggono dalla guerra a bordo di navi che spesso non sono neanche in condizioni di stare a galla.
La risposta della Nato alla richiesta avanzata del nostro ministro degli Esteri, non si è fatta attendere. «Il comando marittimo dell’Alleanza – ha spiegato la portavoce Carmen Romero – è stato avvisato dalle autorità  italiane della richiesta di aiuto di un’imbarcazione. Poco dopo, le stesse autorità  italiane hanno confermato di aver fatto fronte all’emergenza con tre navi e un elicottero di supporto». «Stiamo lavorando con le autorità  italiane – ha proseguito la portavoce – per chiarire pienamente la vicenda».
«Poco dopo». Nel comunicato stampa in inglese della Nato, viene usato il termine «subsequently», successivamente, che lascia intendere un margine di tempo breve, o comunque non particolarmente lungo. Ma è proprio questa parola che non fa tornare i conti, almeno stando a una fonte della Guardia costiera. «L’informazione alla Nato è partita nel tardo pomeriggio del 2 agosto, dopo l’allarme lanciato dal rimorchiatore cipriota», spiegano dal comando di Roma. «Il barcone si trovava al largo delle coste libiche, quindi la Guardia costiera non poteva assumere il coordinamento delle operazioni, ruolo che gli avrebbe dato il diritto di chiedere aiuto a tutti gli interlocutori, quindi è partita l’informazione in cui i dava notizia del barcone il difficoltà ». Nell’informazione si avverte anche della presenza del rimorchiatore cipriota, presenza che, come spiega il nostro interlocutore, «rappresentava per tutti, anche per noi, un elemento di rassicurazione dal momento che gli immigrati non erano soli». Dopo un tentativo da parte degli immigrati di salire a bordo, il rimorchiatore si allontana dal barcone rimanendo comunque in zona. Gli interventi di aiuto però tardano ad arrivare. «La vicenda si è prolungata per giorni – proseguono dal comando – Abbiamo atteso che chiunque potesse intervenire lo facesse, ma non è successo niente. Fino alla mattina presto del 4 agosto, quando abbiamo deciso di agire noi».
L’allarme arriva a Lampedusa intorno alle 10. «Il tempo di preparare le motovedette, equipaggiarle con acqua e viveri per soccorrere i profughi e siamo partiti. Al massimo venti minuto dopo aver ricevuto la segnalazione», conferma il comandante della capitaneria di porto di Lampedusa, il tenente di vascello Antonio Morana. Ed è proprio grazie a loro se qualche ora dopo i profughi sopravvissuti vengono tratti in salvo. Resta da capire perché la nave della Nato, che pure avrebbe potuto e dovuto intervenire, come impongono anche le regole del mare, è invece rimasta ferma.

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BERSANI VISITA IL CIE: «BASTA BOSSI-FINI»
Bisognerà  al più presto rimettere mano «alla legge Bossi-Fini» perché «non si tratta di essere buonisti ma con il ‘cattivismo’ non si va da nessuna parte». Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani dice qualcosa di sinistra al termine di una breve visita al «Centro di prima accoglienza e soccorso» di Lampedusa. E ancora: «Non mi sembra accettabile» rimanere 18 mesi «in queste strutture» che hanno come minimo «bisogno di essere ristrutturate per rendere la situazione più adeguata e per garantire che sia rispettata la legalità  soprattutto nei confronti di chi chiede asilo».
BARI CONFERMATI GLI ARRESTI PER I RICHIEDENTI ASILO
Il gip del Tribunale di Bari Vito Fanizzi ha convalidato l’arresto dei 28 migranti richiedenti asilo (sono giovani tra i 20 e i 38 anni, per lo più provenienti dal Corno d’Africa e dalla Libia) arrestati dopo la protesta di lunedì scorso lungo il recinto del Cara di Bari-Palese. Tra i reati contestati a vario titolo violenza e resistenza a pubblico ufficiale aggravate dal numero di persone e dall’uso di armi improprie (spranghe di ferro e sassi), minacce, interruzione di pubblico servizio per il blocco della Statale 16, danneggiamento seguito da incendio.
FONDI EUROPEI. 52,7 MILIONI ALL’ITALIA PER VIGILARE LE FRONTIERE
L’Italia riceverà  l’anno prossimo oltre 52,7 milioni di euro dall’Ue per il controllo delle frontiere esterne e per la gestione dei flussi migratori. Lo ha annunciato il commissario per gli affari interni Cecilia Malmstrom precisando che a questo capitolo di spesa sono stati destinati per il prossimo anno 370 milioni di euro da ripartire tra i paesi dell’Ue. La quota dei fondi all’Italia è la più grande e registra un notevole incremento rispetto ai 32,7 milioni dello scorso anno.
SALENTO. BRACCIANTI IN RIVOLTA, MA I CAPORALI CONTINUANO
«Vediamo ancora i caporali come se niente fosse, che continuano a sfruttare molti lavoratori. Nonostante tutte le denunce fatte nei loro confronti il tutto va avanti anche perché non ci sono normative adeguate per fermarli». È quanto affermano i braccianti immigrati di Nardò che da giorni sono in sciopero per protestare contro lo sfruttamento e per chiedere paghe adeguate e interventi per eliminare il caporalato dalle campagne. Chiedono quindi «al governo un provvedimento d’urgenza che introduce sanzioni penali e non più amministrative contro i caporali». Intanto per lunedì prossimo hanno ottenuto, presso la Provincia di Lecce, un incontro tecnico per discutere delle loro condizioni di lavoro.


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