«L’attacco al lavoro non porta crescita ma scontro sociale»

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 «Prima il governo ha preso per il naso le parti sociali, poi ha preso per il naso gli italiani trincerandosi dietro le raccomandazioni della Banca centrale europea. A questo punto tanto vale trattare direttamente con la Bce». Sergio Cofferati non è stupito dalle parole del ministro Tremonti, che ha persino parlato di una sostanziale abolizione di quell’articolo 18 che impedisce il licenziamento senza giusta causa e che fu la grande battaglia vinta dalla Cgil di Cofferati nel 2002.

Tremonti, quando parla dei licenziamenti, ma anche di pensioni e addirittura di taglio degli stipendi dei dipendenti pubblici, si richiama alla lettera della Bce ma non toglie la riserva su cosa farà  davvero il suo governo. Si tratta di minacce o come un mercante alza il prezzo per cercare di strappare le migliori, anzi peggiori, condizioni possibili?
Questo governo ha perso ogni legittimità . Non solo si mostra evidentemente commissariato ma non dimostra neanche quel minimo di senso di responsabilità  per dire che cosa vuole fare. Non si è mai visto un esecutivo che incontra le parti sociali, non dice nulla, e il giorno dopo parla per bocca della Bce. Il punto però è che l’orientamento di fondo è fin troppo chiaro. Si punta a colpire i ceti più deboli. E’ questo il profilo ideologico che tiene insieme le ipotesi, alcune delle quali veramente reazionarie, annunciate da Tremonti.
Si aspettava un attacco all’articolo 18 giocato in questi termini e in questo momento?
Più o meno me lo aspettavo. Non c’è neppure un timido nesso tra l’abolizione dell’articolo 18 e eventuali misure per fare ripartire la crescita. Lo dice anche la commissione crisi del parlamento europeo. A metà  luglio dopo due anni di lavoro ha ribadito che per sostenere la ripresa bisogna puntare sulla qualità  del lavoro, ridurre frammentazione e precarizzazione e investire sulla formazione. Non si può in alcun modo attribuire la crisi all’impossibilità  di licenziare senza giusta causa. Questa è una cosa che riguarda solo la dignità  di chi lavora. Si tenta di mettere il lavoratore nella posizione di potere subire una ingiustizia. Altro che crescita. Se così non fosse dopo il 2002 l’economia italiana sarebbe dovuta andare malissimo e invece è successo il contrario. Anzi la difesa dell’articolo 18 è stata un elemento positivo della nostra economia e questo dovrebbe fare pensare e riflettere destra e anche sinistra. Abolire l’articolo 18 serve solo a scatenare lo scontro sociale.
Tremonti, però, ha citato come un fatto importante l’elenco dei punti presentato al governo dalle parti sociali firmato da Confindustria e dai sindacati, Cgil compresa. Come può la Cgil difendere ancora quella piattaforma comune?
Quel documento era ambiguo e annunciava principi astratti senza scendere nel concreto. Ma col passare del tempo si sta creando una vistosissima divergenza tra organizzazioni che rappresentano interessi opposti. Ed è normale che sia così, il contrario non è dato in natura. Ai sindacati, e in particolare alla Cgil, non resta altro da fare che prendere le distanze dalle ipotesi del governo e ricominciare a mobilitarsi.
Susanna Camusso non ha escluso l’ipotesi dello sciopero generale.
Ci sono tutte le condizioni per deciderlo.
Ma Bonanni ha già  detto di no.
Per me anche la forma conta. La Cgil deve mettere sul piatto tante azioni di contrasto, compreso lo sciopero generale. In questo contesto credo che anche per la Cisl di Bonanni sarà  difficile tirarsi indietro.
Insomma, non è più il caso di tentare di mantenere un fronte comune con Confindustria, neppure per nobili ragioni come quella di cacciare Berlusconi e provare a immaginare un futuro senza Cavaliere?
Quel percorso aveva come suo presupposto una forte discontinuità  rispetto a questo governo. Invece da un punto di vista delle politiche economiche si rischia di andare nel senso opposto. E Berlusconi è sempre lì.
Dal 2002 sono cambiate molte cose, quale sponda politica può avere la mobilitazione dei sindacati? Che deve fare il Pd?
Credo che nessuna organizzazione progressista possa digerire le misure annunciate dal governo. Sono in gioco le condizioni di vita e di lavoro di una larga parte dei cittadini rappresentati anche dal Pd, e sono in gioco equità  e giustizia sociale. Si tratta di valori costitutivi. Il ruolo di un partito di sinistra, o centro sinistra, in un momento di crisi così grande, deve essere quello di mettere in campo questi valori, non di annacquarli. Cercando di proporre soluzioni concrete, ma anche conseguenti ai propri principi.


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