«Manovra dannosa per il Paese»

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 ROMA.Che il giudizio fosse negativo già  si sapeva ma la sentenza emessa ieri da Province e Comuni dopo una giornata trascorsa in incontri (prima il segretario del Pdl Alfano poi le commissioni congiunte Bilancio di Camera e Senato), lascia pochi margini alla trattativa: «Così com’è la manovra è inaccettabile, perché iniqua e penalizzante per il paese», hanno detto praticamente all’unisono il presidente dell’Unione province italiane Giuseppe Castiglione e quello dell’Anci Osvaldo Napoli. Una bocciatura che riguarda sia gli ulteriori tagli agli enti locali previsti con il decreto di Ferragosto, sia la soppressione delle 29 Province e dei circa 2.000 Comuni con meno di mille abitanti che il governo vuole sacrificare in nome di un presunto risparmio. Cosa che a dar retta a Napoli, che è anche deputato del Pdl, Berlusconi neanche vorrebbe. «Ho sentito il presidente e non c’è dubbio che lui desideri che i piccoli comuni rimangano, anche per preservare le identità  specifiche e locali», ha detto.

Oggi sotto palazzo Chigi arriverà  la protesta degli amministratori dei piccoli comuni, mentre lunedì a Milano si terrà  la manifestazione indetta dall’Anci contro la manovra e alla quale hanno aderito, tra gli altri, anche i sindaci di Roma, Milano, Genova, Torino, Verona, ma anche i governatori di Lombardia Roberto Formigoni ed Emilia Romagna Vasco Errano e il presidente della Provincia di Milano Guido Podestà . «La preoccupazione degli amministratori locali è molto diffusa e profonda – spiegano all’Anci – non solo per i comuni condannati a essere governati da un podestà , ma anche per i ripetuti tagli decisi a livello centrale sempre a danno degli enti locali e che rischiano di privare i cittadini di servizi importanti».
L’Anci ha preparato una sua contromanovra che intende presentare a Berlusconi e che punta sull’aumento dell’Iva, l’incremento della lotta all’evasione fiscale, la dismissione di quote di partecipazioni statali senza intaccare il controllo pubblico e l’aumento dell’autonomia finanziaria dei comuni. Proposte che sicuramente verranno illustrate anche al segretario del Pd Pierluigi Bersani lunedì prossimo, nell’incontro fissato assieme all’Upi.
Ieri ad Alfano è stato chiesto invece di stroncare gli articoli del decreto che prevedono la soppressione degli enti locali, e una riduzione dei tagli ai finanziamenti che complessivamente colpiscono le Province per 2,1 miliardi di euro e i comuni per altri 6 miliardi. Senza avere alcun accordo preventivo con la Lega, però, Alfano non ha potuto fare altro che ascoltare e garantire un generico impegno. Decisamente più utili, per Province e Comuni, sono stati gli incontri avuti al Senato. La commissione Bicamerale per le questioni regionali ha infatti espresso parere favorevole – anche se non vincolante – allo stralcio degli articoli che riguardano la soppressione delle Province sotto i 300 mila abitanti e il taglio dei piccoli comuni. Demolita anche la scusa che dal taglio delle Province si ricaverebbe un risparmio per lo Stato. «Tutt’altro – spiega infatti Castiglione -. Gli attuali dipendenti delle Province passerebbero alle dipendenze delle Regioni dove guadagnerebbero il 30% in più. Quindi dalla soppressione deriverebbe un aggravio dei costi anziché un risparmio».
Ieri sono anche arrivate le modifiche promesse da Roberto Calderoli per quanto riguarda i piccoli comuni. E per essere state pensate dal ministro per la Semplificazione, sono un bel guazzabuglio, al punto da creare un nuovo ente in più. «E’ un tentativo pasticciato di tenere assieme un progetto che non sta in piedi con le critiche ricevute in questi giorni», sintetizza Mauro Guerra, coordinatore per l’Anci dei piccoli comuni. Le modifiche prevedono la soppressione della giunta e un consiglio composto da 8 consiglieri per i comuni fino a 10 mila abitanti e da 4 per quelli di 3.000. I comuni con meno di mille abitanti sarebbero obbligati a gestire tutte le funzioni attraverso unioni municipali formate attraverso l’accorpamento con comuni «preferibilmente» confinanti fino a raggiungere la soglia di 5.000 residenti. L’Unione municipale, il nuovo ente che si verrebbe così a creare, sarebbe composto a sua volta dai sindaci dei vari comuni e da un’assemblea fatta sempre dai sindaci più 2 consiglieri per ogni paese di cui «almeno uno» – viene specificato – dell’opposizione (da notare che essendo solo due, se fossero entrambi dell’opposizione il sindaco si troverebbe in minoranza). In questo modo, secondo Calderoli, si risparmierebbero 1 o 2 milioni di euro. «Peccato che il servizio bilancio del Senato spiega che invece i costi potrebbero aumentare», prosegue Guerra. «La follia è che tutto questo sta dentro una manovra da 45 miliardi che dovrebbe risanare la finanza pubblica».


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