Londra, una comunità  alienata

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Professor Barker, quanto incidono le condizioni materiali nelle motivazioni di chi ha scatenato le violenze, quanto la loro esclusione politica o sociale?

Molto, senza alcun dubbio. Non so so se vi sia qualcosa tra le gang, io personalmente tendo ad escluderlo. Degno di nota è il fatto che la violenza è sicuramente organizzata. E ha di certo a che vedere con l’esclusione sociale. Assistiamo a questo curioso fenomeno, dove gruppi di persone, o meglio, strati della communità  che sono – o sentono di essere – socialmente emarginati, ma che tecnologicamente sono profondamente integrati. Queste non sono proteste politiche, in senso convenzionale, ma sono in un certo qual modo coordinate. Le persone sfruttano i cellulari, Twitter, la rete internet per scambiarsi informazioni in tempo reale. Ma non la definirei una rivolta. Non ci sono abbastanza persone coinvolte affinchè si possa parlare di una rivolta. Non hanno nulla a che fare, per esempio, con le grandi sollevazioni di massa a matrice politica che si sono sviluppate in Grecia, in Egitto, che si stanno sviluppando in Siria. Ma pongono tuttavia un serio problema al resto della comunità  entro la quale si stanno verificando. E anche al governo stesso. Alla comunità , perché ovviamente stanno distruggendo le strutture, i negozi, gli autobus, oltre a rendere problematico il funzionamento di scuole, ospedali, chiese, nonché l’accesso agli stessi dagli altri membri della comunità . I loro vicini dipendono da queste strutture. Danno fuoco ad appartamenti dove i loro vicini alloggiano

Come se queste strutture non gli appartenessero…

Esattamente. Lasciamo da parte per un momento la polizia, queste persone stanno mettendo a ferro e fuoco il loro stesso habitat. Come se gli fosse improvvisamente diventato del tutto ostile. Non fanno differenza tra il saccheggio e la distruzione. E questo è il problema maggiore, il più preoccupante. Dicevamo, le violenze pongono un problema anche al governo Cameron, perché sono certamente alimentate dal malcontento nei confronti delle sue politiche, nei tagli al sociale, ai servizi, alla salute, alle biblioteche, cose dalle quali i più poveri, i più esclusi, i più deprivati dipendono di più. Ma questo è il contesto, non la scintilla. La scintilla, ricordiamolo, è la morte di giovedì scorso.

Queste eruzioni di violenza hanno molto in comune con i roghi delle banlieues parigine nel 2005 e nel 2007. Ma perché la morte di qualcuno è elemento sufficiente per scatenare simili proteste e devastazioni?

Non lo so, ma è così. E nella cirostanza particolare di Londra, è interessante notare come la famiglia, i parenti della vittima abbiano avuto un atteggiamento di totale contegno e dignità . Si sono subito dissociati dalla violenza e dalle attività  violente di queste tre notti. Eppure queste morti creano o rafforzano un senso di alienazione in parte già  presente in questi strati sociali, che identificano nella polizia, nelle organizzazioni della politica o della società , il nemico.

Come si svilupperà  questa situazione?

Non lo so. Vediamo quello che succederà  nelle prossime notti. La polizia non sembra aver sviluppato una tattica efficace per fronteggiare la situazione.

Non si aspettavano violenze così forti.

Non penso. Ma non è tanto la forze delle violenze, quanto la loro distribuzione.

Anche Birmingham, Liverpool stanno assistendo a episodi simili. Non è sorprendente professore?

Niente affatto. Perché le circostanze che hanno facilitato la protesta sono le stesse in molte grandi città  del Regno Unito. Un altra cosa da non sottovalutare non è tanto il tipo di violenza, che nelle metropoli è assai frequente. Quanto la sua decentralizzazione, la sua mobilità , questo è il fattore veramente nuovo. E questo è senza dubbio il risultato dell’integrazione tecnologica di queste persone.


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