Manovra, il vertice-chiave Duello su Iva e patrimoniale

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ROMA — Come finirà  ancora non lo sa nessuno, ma come deve finire il vertice tra Pdl e Lega previsto per oggi ad Arcore, lo dice con chiarezza Maurizio Gasparri: «Dovremo accordarci, non ci sono alternative. E tutti dovranno abbassare le proprie pretese e fare un passo in direzione dell’altro, con umiltà . Anche Giulio, ovvio».
Giulio, si capisce, è quel Tremonti che da giorni angustia i pensieri di Silvio Berlusconi. Il premier, preoccupato per quello che i suoi continuano a definire «l’incapacità  di Tremonti di fare gioco di squadra», pressato da tutto il Pdl perché la manovra venga cambiata, impegnato a mantenere saldo il rapporto con la Lega e a tranquillizzare categorie e parti sociali, sa che il momento è delicatissimo. E sa che oggi la battaglia da ingaggiare con gli alleati e con il suo ministro sarà  dura, difficile, dall’esito niente affatto scontato.
Paolo Bonaiuti si mostra ottimista: «Tutti sono fiduciosi di trovare l’intesa», ma non c’è dubbio che, alla vigilia, i nodi principali sono ancora da sciogliere. Da una parte infatti c’è il Pdl che, interpretando perfettamente pancia e cuore del Cavaliere, si presenta al vertice con l’intenzione di portare a casa grosse modifiche alla manovra: «Bisogna abolire il contributo di solidarietà », ripete Berlusconi, e alleggerire di molto il taglio previsto per gli enti locali(come peraltro chiede la Lega) mentre il riordino di Province, piccoli Comuni, numero di parlamentari finirà  in un ddl costituzionale.
Per ottenere tutto ciò a saldi invariati serve non la patrimoniale proposta dalla Lega, ma un’entrata alta e sicura come quella che arriverebbe dall’innalzamento di un punto di Iva (per i generi tassati al 20%), e su questo il partito è schierato senza se e senza ma: «Il Pdl è unito, prendere o lasciare: Tremonti o lo accetta o finirà  per farsi male…», è il ragionamento che fa con i suoi Angelino Alfano.
E però, sul punto Tremonti continua ad essere scettico, anche se non scopre le sue carte «perché se poi sarà  costretto ad accettarlo, non può dare l’impressione di essere stato messo spalle al muro», dicono i suoi avversari nel Pdl, mentre il ministro ripete che a «metterci la faccia» sulla manovra varata il 12 agosto non è stato solo lui, ma Berlusconi e tutto il governo che hanno votato «all’unanimità ». E però, anche lui sa che qualche cambiamento andrà  necessariamente fatto: non a caso, i tecnici del Tesoro studiano anche un altro possibile introito, l’innalzamento delle accise su tabacchi, superalcolici, lotterie.
Insomma, sarà  braccio di ferro, e decisivo diventerà  l’atteggiamento della Lega la cui proposta di «patrimoniale sugli evasori» concepita da Roberto Calderoli viene seccamente bocciata dai fedelissimi del premier: «Questi sono matti — sbotta un alto dirigente del partito —: dicono no all’innalzamento delle pensioni e vogliono la patrimoniale: ma è il programma di Bertinotti, se lo possono scordare!».
D’altra parte, la Lega a sua volta vuole diminuire e di molto i tagli agli enti locali, battaglia che si sta intestando Maroni, quindi dovrà  necessariamente trattare con il Pdl, perché «dopo averci detto no sulle pensioni, non possono pensare che noi subiamo ogni loro diktat senza reagire», avverte un fedelissimo del premier. Consapevole che comunque oggi sarà  una lunga giornata, a rischio massimo.


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