Missile libico, nave italiana

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 In Libia non siamo in guerra – lo garantiscono non solo i Frattini e La Russa ma anche il presidente Napolitano – però sulla Libia sganciamo missili e dalla Libia ci sparano missili.

E’ successo ieri mattina alle 10.40 quando sul radar della fregata Bersagliere della Marina militare italiana impegnata nella missione Nato al largo del golfo della Sirte, è apparsa la traccia di un missile in arrivo. Il missile sembra sia stato sparato da Zlitan, la città  a ovest di Misurata sulla strada per Tripoli antistante al braccio di mare in cui incrociava, al limite delle 12 miglia, la Bersagliere e la città  sotto controllo dei governativi in cui gli insorti, dopo averne annunciato più volte la conquista, hanno deciso ieri di ritirarsi di qualche chilometro «per ragioni strategiche» (fonte al Jazeera).
Il missile è caduto a un paio di km dalla nave italiana. La Bersagliere «per prudenza» si è spostata un po’ più al largo, fuori dalla portata dei missili gheddafisti (che magari, chissà , sono missili italiani).
Anche 25 anni fa, il 15 aprile 1986, due missili Scud sparati da Gheddafi contro una stazione radio della Guardia costiera Usa piazzata a Lampedusa, finirono in mare. Mancarono il bersaglio e caddero a un miglio e mezzo dalle coste dell’isola, ma fecero un bel rumore.
Quella fu la risposta del Colonnello ai raid aerei ordinati, come rappresaglia a un attentato presuntamente libico contro una discoteca di Berlino frequentata da americani, dal presidente Usa Ronald Reagan contro Tripoli e Bengasi. Nella capitale fu preso di mira (come adesso…) il compound di Bab al Aziziyah nella speranza (come adesso…) di far fuori Gheddafi, che (come adesso…) si salvò, ma le vittime furono una ventina fra cui la figlia adottiva del leader, che aveva 15 mesi. Il capo del governo era Bettino Craxi che, si è seppe più tardi, aveva avvisato per vie traverse Gheddafi dell’imminenza dell’attacco Usa.
Adesso la situazione e i rapporti fra il governo italiano e quello libico – almeno quello che fa capo a Gheddafi – non sono propriamente idillici e Berlusconi dice addirittura di temere per la vita sua e dei suoi figli visto che il Colonnello considera lui e l’Italia «traditori» e avrebbe dato personalmente l’ordine di farlo fuori.
E’ certo un caso, però simbolico, il fatto che la Bersagliere, la nave che partecipa alla guerra umanitaria contro la Libia, fosse in origine la terza delle 4 unità  costruite dalla Fincantieri negli stabilimenti di Ancona, a metà  degli anni ’80 per conto dell’Iraq di Saddam Hussein (business is business, specie nel campo degli armamenti). Varata nell’85 il suo primo nome fu al-Yamuk. La crisi internazionale che nel ’91 portò alla prima guerra del Golfo, impedì la consegna alla Marina di Baghdad e la nave cambiò destinatario – la Marina italiana – e nome – Bersagliere. Lunga 113 metri, al comando del capitano di fregata Gennaro Falcone, ha 185 uomini d’equipaggio, è classificata come pattugliatore d’altura e fa parte del contingente italiano alla guerra della Nato, insieme alla San Giusto (che ha appena preso il posto della portaerei Garibaldi), ai 14 aerei (12 caccia-bombardieri e 2 aerei-cisterna), alle 7 basi aeree dislocate sul territorio nazionale e ai 1086 uomini (erano 1970 nel primo semestre 2011). Il tutto definitivamente rifinanziato martedì dal parlamento a un costo di 58 milioni di euro (erano 142). Tutto quest’armamentario è servito, secondo il ministero della difesa, per effettuare 1700 missioni aeree umanitarie (il 10% del totale Nato) che, secondo il Sole24 ore, avrebbero sganciato 450 fra bombe e missili su obiettivi in Libia dalla fine di aprile.
Sul missile libico contro la Bersagliere, il ministro della difesa La Russa fa il gradasso: «Non ci sono motivi di preoccupazione», dice. Per altri che non siano il vecchio balilla spennacchiato La Russa, invece c’è da preoccuparsi e, anzi, dice l’on. Augusto di Stanislao (Italia dei valori) della Commissione difesa, «c’è il rischio concreto che la Libia diventi il nuovo Afghanistan». Per l’on. Maurizio Turco, radicale nelle liste del Pd, La Russa è «un irresponsabile» e le sue parole sono «scandalose», e «l’accaduto dimostra che le forze fedeli a Gheddafi sono ancora attive e ben armate, quindi tutta la propaganda che La Russa e Frattini hanno fatto sulla presunta fine del colonnello e sulla distruzione di tutti i suoi sistemi di difesa e attacco sono solo aria fritta». Lo capirebbe chiunque eccetto Frattini o La Russa.


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